NETWORK DI STUDIO
DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER

DESTRUTTURAZIONE DELLA PERSONALITÀ
nella Malattia di ALZHEIMER

Dott. Romeo Lucioni - Prof. Giuseppe Nappi 

Il paziente Alzheimer, prescindendo da qualsiasi tipo di personalità, premorbosa, dimostra destrutturazione psichica conseguenza dei deficit funzionali e delle "lesioni" croniche riscontrabili nei principali "centri" cerebrali. Al di sopra di ogni espressione fenomenologica evidenziabile, domina il quadro una sorta di "liberazione" dai controlli corticali che si manifesta soprattutto nell’incontinenza e nella esplosività emotive.

 

La sintomatologia fondamentale è sintetizzabile in:

p panansietà. La presenza di un’ansia libera e diffusa, tendenzialmente esplosiva e poco controllabile, diventa quasi una caratteristica della malattia. All’inizio può essere messa in relazione con la percezione dei deficit cognitivi (soprattutto della memoria e della comprensione dei discorsi e delle parole), ma, in seguito, si dimostra come risposta agli stimoli percettivi per mancanza di un controllo superiore (corticale).

p sentimenti di tensione e di rabbia che sono reazioni al rapporto interpersonale che sovente diventa disturbante ed interviene a interrompere un adattamento personalistico che si evidenzia come "distacco affettivo".

p distorsioni delle relazioni interpersonali che non sono improntate a reciprocità perché sottese a irrequietezza ed opposizione che accompagnano una dimensione profonda di dipendenza e di riconoscimento dell’impossibilità a risolvere i problemi della vita quotidiana.

p deficit dell’autoriconoscimento e dell’autovalorizzazione. La propria identità è minata dalle difficoltà di riconoscere i lineamenti del viso degli altri e dei propri; per loro è più facile riconoscersi per gli abiti indossati che per le fattezze del volto e/o per la mimica.

p deficit dell’autovalorizzazione determinato da un distacco dalla realtà che comporta la perdita del riconoscimento delle relazioni tra un oggetto ed un altro, tra una persona ed un’altra; in questo modo si instaura una "perdita di valore" che investe anche il Sè.

p predominanza di espressioni emotivo-istintive del pensiero per cui questi pazienti si sentono più figli che genitori e quindi tendono a riconoscere la propria madre nelle persone che li accudiscono (moglie o figlia o caregivers).

p ritorno a sentimenti di critica oppositiva nei confronti di vissuti di esperienze relazionali con i genitori e/o con le persona significative della loro infanzia inglobati in resti mnestici negativi.

p incapacità di analisi critica della realtà che, da un lato, deriva dalle difficoltà di riconoscimento e dal disorientamento spazio-temporale e, dall’altro, è condizionata dall’emergere istintivo dei bisogni relativi alle esperienze lavorativo-occupazionali del passato (si sentono ancora in fabbrica o in ufficio).

p pan-nevrosi per la comparsa di atteggiamenti ossessivi, fobici, isterici, oppositivi e di negazione, oltre che spunti di autochiusura autistica (perdita della reciprocità).

p pansessualità che compare a volte nei primi stadi della malattia.

p difficoltà e/o impossibilità ad eseguire movimenti che comportino una coordinazione complessa. Questi pazienti, abituati a lunghe passeggiate, non riescono, per esempio, a sollevare alternativamente i piedi o a rialzarsi, se stesi supini sul pavimento.

p adattamento superficiale e incostante alle situazioni sociali: partecipano alle iniziative solo per poco tempo, in maniera distaccata o come per semplice imitazione.

p tendenza a perdere i nessi associativi se inseriti in situazioni non strutturate per cui i modelli relazionali si fanno instabili, superficiali e caratterizzati da una spiccata dipendenza.

p modalità istintiva di comportamento che porta a ballare e/o a cantare melodie semplici, ricordi della loro gioventù.

p sensi di paura e di angoscia nell’ affrontare esperienze comportamentali e relazionali nuove.

p rinuncia al contatto interpersonale e tendenza a rimanere soli, isolati, immersi nei propri "pensieri" e nel proprio affacendamento afinalistico.

p riduzione dell’attenzione e della coscienza che deriva dall’affievolimento della capacità attentiva, sia conativa (volontaria) che spontanea; dall’offuscamento della coscienza intesa come consapevolezza di sè, degli altri e del mondo; dalle difficoltà critiche e dalla liberazione di substrati psichici istintivi (predominio del bisogno di soddisfare il proprio senso del piacere).

p predominio di un pensiero primario, prelogico. Avendo perso la capacità di esaminare criticamente la realtà, le associazioni emotive, automatiche e istintive precludono e prevaricano l’obiettività, costringendo a comportamenti forse anche gratificanti, ma che conducono all’isolamento.

p linguaggio frammentario ed incoerente proprio perché non sostenuto da engrammi comprensibili sia per il soggetto che per gli interlocutori. Le parole si susseguono come una cantilena logorroica, carica di emotività e di tensione, ma che, inadatta alla comunicazione, spinge alla fuga e all’isolamento.

p patologia delle relazioni oggettuali interiorizzate che porta ad uno sfuocamento dell’identità; questi malati sono incapaci di sintetizzare le introiezioni che, svuotate di contenuto, non permettono di essere vissute empaticamente. Le relazioni emotive risultano superficiali con grave incapacità di sperimentare sentimenti di colpa e autentico interesse per gli oggetti.

p utilizzazione di meccanismi controfobici per contenere la tensione emotiva e mimetizzare il disorientamento; appaiono comportamenti rituali, ripetitivi ed ossessivi come quelli di continuare a spolverare, arrotolare le tende o le tovaglie, stropicciare i propri abiti, portare con sè oggetti inusuali ed assurdi, come se fossero oggetti abitudinari.

p uso di forme primitive di proiezione e di identificazione proiettiva per cui le immagini di sè, aggressive e distruttive, sviluppano oggetti persecutori che influiscono negativamente sullo sviluppo dell’ ideale dell’Io e sulla strutturazione di un Super Io comprensivo e tollerante.

p lo sviluppo psichico è dominato dalla svalorizzazione proiettiva dell’oggetto che, non più fonte di protezione e di soddisfazione, viene abbandonato, generando una frattura insanabile tra il sè ed il mondo.

p uno schema personologico di tipo ossessivo-compulsivo giustifica atteggiamenti di costrizione alla pulizia, all’ordine, alla sottomissione "filiale" ed anche reazioni aggressive e intensi desideri distruttivi.

p la flessione dei controlli cognitivo-razionali lascia riemergere moduli mentali arcaici dominati da sentimenti Super-egoici che giustificano comportamenti caratterizzati da stereotipie, riservatezza, perdita dell’iniziativa e della spontaneità.

p la volontà è sostituita da scelte istintivo-libidiche, utilizzate sia per contenere le ansie esistenziali emergenti dalle relazioni e dall’esperienza sensoriale, sia per ripristinare un larvato senso di autostima, di autonomia e di autovalorizzazione.

Tutti questi sintomi denotano impoverimento, debolezza e desturtturazione dell’ IO, così come schematicamente riassunto nel seguente specchietto:

 

 

DEBOLEZZA DELL’ IO

 

 

A - per la perdita del controllo sull’emotività e sulle pulsioni istintive:

Non sa difendersi da impulsi primitivi come:

irritabilità

aggressività

distruttività

angoscia e panico

Utilizza pensiero primario, fondato su onnipotenza, ideazione primaria, svalutazione

Non riesce a posticipare la scarica degli impulsi

Non sa modulare gli affetti (per es. ansia, angoscia)

Non tollera le frustrazioni ed i rimproveri

Di fronte all’insicurezza si ritira

Non resiste al fascino-tentazione delle cose (proiezione del sè nelle cose)

Non resiste al contagio del gruppo

Non contiene l’eccitazione psicologica del collettivo (si riuniscono facilmente e seguono

l’esempio dei compagni)

Tende a negare e a dimenticare subito

Dimostra sublimazione immatura: ipocondria, acting-out

Non controlla l’ansia di fronte alla novità

Non controlla l’espressività esplosiva (pagliacciate, manifestazioni chiassose)

Non sa difendersi dall’invasività del gruppo

Non riesce a sublimare le pulsioni interne

E’ incapace di rinunciare a desideri infantili di nutrimento

Dimostra un ipercontrollo sull’affettività (inibizione nei confronti dell’aggressività)

Presenta reazioni oggettuali intime dominate dal bisogno di dipendenza.
 

B - per difetto delle potenzialità affettive:

Non riesce a strutturare un modello affettivo valorativo

Di fronte all’ altro si ritira

Tende a disorganizzarsi di fronte al senso di colpa

E’ incapace di accettare inaspettate gratificazioni

Si mette costantemente in gioco

Non sa dare un giusto valore al proprio tempo

Sente di non meritare ciò che gli offrono

Non sa controllarsi di fronte a situazioni conflittive

Dimostra aspettative di sè eccessivamente alte

Manca di canali sublimatori affettivi evoluti come: altruismo e umorismo

Non riesce a stabilire rapporti interpersonali validi, ma solo relazioni superficiali e/o

puramente concomitanti

Dimostra dipendenza normativa piuttosto che motivazionale

Manifesta onnipotenza nei confronti degli oggetti e degli altri che può portare all’insuccesso dei meccanismi di rimozione.

 

 

C - per deficit cognitivi:

Non cura gli oggetti per una finalità futura

Tende ad evaporare il proprio parere ed i contributi personali

Non trova efficienti controlli sostitutivi

Non ricorre ad immagini gratificanti già vissute

Non sa usare un adeguato realismo di fronte a regole e orari

Non sa valutare la realtà sociale

Non trae vantaggi e conclusioni dall’esperienza propria e degli altri

Non controlla reazioni di fronte a fallimenti, insuccessi ed errori

Non sa programmare realisticamente

Non sceglie gli strumenti adatti agli obiettivi

Non sa dimensionare il senso del proprio diritto

Non usa la coscienza per finalizzare il comportamento

Manca di canali sublimatori cognitivi come: intellettualizzazione, adeguamento alla

tradizione.

Queste osservazioni, di contenuto psicodinamico, acquistano un particolare interesse non solo per quanto riguarda la problematica della diagnosi, ma anche nella valutazione globale della situazione personale e della qualità della vita del soggetto.

Molto spesso, prima della comparsa invasiva dei disturbi mnestici, possono essere messe in evidenza incontinenza emotiva, labilità dei mezzi critico-deduttivi ed incostanza o pauperizzazione affettiva che devono essere prese in considerazione come prodromi della malattia soprattutto se legate ad esperienze personali che riguardano il decadimento del senso di valore e dell’autostima.

 

Tenendo conto che le modificazioni obiettive delle capacità cognitive sono di difficile quantificazione, le osservazioni psicodinamiche possono risultare importanti per valutare i cambiamenti indotti dalle terapie palliative ed anche da quelle farmacologiche.

Per esempio, per valutare i risultati benefici indotti dalla "Terapia di integrazione emotivo-affettiva" (E.I.T.), è stata usata la seguente scala:

 

 

 

VALUTAZIONE DELLE SEDUTE DI "E.I.T."

 

Nome: .................................................................

Data: .....................

r ansietà libera ed incontrollata

r reazioni di tensione  ‚ ƒ „ …

r reazioni di rabbia  ‚ ƒ „ …

r difficoltà nelle relazioni interpersonali :

con gli operatori  ‚ ƒ „ …

con gli altri pazienti  ‚ ƒ „ …

r sentimenti di svalorizzazione  ‚ ƒ „ …

r predominio di risposte emotive  ‚ ƒ „ …

r critica oppositiva  ‚ ƒ „ …

r tendenza alla distrazione verborragica  ‚ ƒ „ …

r difficoltà a comprendere gli ordini  ‚ ƒ „ …

r spunti autistici  ‚ ƒ „ …

r esecuzione casuale degli ordini  ‚ ƒ „ …

r atteggiamenti fobico-ossessivi  ‚ ƒ „ …

r comportamenti ripetitivi controfobici  ‚ ƒ „ …

r risposte ecolaliche  ‚ ƒ „ …

r difficoltà ad eseguire comportamenti motori complessi  ‚ ƒ „ …

r adattamento superficiale ed incostante  ‚ ƒ „ …

r tendenza alla rinuncia  ‚ ƒ „ …

r tendenza alla fuga  ‚ ƒ „ …

r facile stancabilità  ‚ ƒ „ …

r sensi di paura  ‚ ƒ „ …

r sensi di angoscia  ‚ ƒ „ …

r linguaggio frammentario ed incoerente  ‚ ƒ „ …

r difficoltà nel contatto interpersonale  ‚ ƒ „ …

r difficoltà nel contatto corporale  ‚ ƒ „ …

r riduzione dell’attenzione  ‚ ƒ „ …

r riduzione della tenuta  ‚ ƒ „ …

r svalorizzazione di sé  ‚ ƒ „ …

r svalorizzazione degli altri  ‚ ƒ „ …

r tendenza all’isolamento  ‚ ƒ „ …

r tendenza a copiare gli altri  ‚ ƒ „ …

 

Con questo strumento si è potuto mettere in evidenza come l’uso di farmaci anti-colinesterasici (tipo eptastigmina) induca, in pazienti Alzheimer, modificazioni psicodinamiche importanti, che possono provocare errori di valutazione poiché l’elevarsi del "tono emotivo" o l’incremento della "partecipazione affettiva" portano a tensioni legate ad una migliore presa di coscienza della malattia o a ravvivare posizioni istintive e profonde di dipendenza e di opposizione agli oggetti interni primitivi.

Proprio in questi casi, l’osservazione delle dinamiche psichiche superficiali e/o profonde ha permesso di monitorare le reazioni e di contenerle attraverso l’intervento psicoterapico-integrativo senza l’utilizzo di farmaci psicodepressori e/o tranquillizzanti che avrebbero, sotto un certo profilo, mimetizzato e/o pauperizzato il beneficio indotto dagli anticolinesterasici.

La lettura psicodinamica della demenza non contrasta con una presa di coscienza neurobiologica di fronte a questi disturbi che, proprio per la loro complessità, al contrario, investono tutto l’insieme di quello che possiamo giustamente chiamare il "trait d’union" tra cervello e mente.

L’impostazione teorica della terapia di integrazione emotivo-affettiva (E.I.T.), seppure ponga le radici nella psicologia dell’ Io, ciò non di meno, tiene conto di quella lettura psico-biologica fondata sulle più recenti puntualizzazioni di neurofisiologia funzionale.

Le concezioni attuali della funzione cerebrale si focalizzano su grandi reti neuronali interconnesse che permettono un processing rapido e diffuso dell’imput sensoriale. Questo modello contrasta e supera organizzazioni neuro-cerebrali strutturate in forma sequenziale e gerarchica.

Il modello a rete presuppone sistemi neuronali multifocali che soppiantano i centri anatomicamente specifici, dando luogo, quindi, ad un "comportamento cerebrale" che risulta tanto localizzato quanto distribuito. Virtualmente tutte le "zone" della corteccia cerebrale (sensoriali, motorie,limbiche o di associazione), insieme a diverse strutture sottocorticali, risultano interconnesse e proiettano sul nucleo caudato e sul putamen.

In anni recenti è stato anche sottolineato il ruolo dei nuclei della base non solo nella funzione motoria, ma anche in quei circuiti che mediano funzioni cognitive ed emotivo-affettive.

Esistono per lo meno 5 circuiti paralleli che legano i nuclei della base con il talamo e con la corteccia (Ieffrey L. Cummings; Ramòn Leiguarda; in Atti del VIII Congreso Panamericano de neurologia, 1991):

 

- circuito motorio: definito dalle proiezioni che dalla corteccia motoria primaria e/o secondaria oltre che dalla corteccia somato-sensoriale raggiungono il putamen ed i nuclei talamici (ventrale laterale orale e anteriore) per arrivare nuovamente, completando il circuito, alla corteccia motoria supplementare. Questa proietta anche alla corteccia motoria e premotoria che dà origine al sistema piramidale.

Attraverso questo circuito, si mantiene una relazione tra sistema somatotopico ed organizzazione del movimento.

 

- circuito oculo-motore : definito da impulsi che provengono dai campi frontali oculari (area 8), dalla corteccia prefrontale dorsale (area 9-10) e parietale posteriore (area 7) per raggiungere la testa del nucleo caudato, la parte dorsomadiale del pallido e quella ventrolaterale della sostanza nigra. Il circuito raggiunge porzioni ventrali anteriori e medio-dorsali del talamo e poi, attraverso proiezioni talamo-corticali, il campo oculare frontale e oculare supplementare. Qui giungono anche proiezioni dalla retina e dalla corteccia striata.

 

- circuito prefrontale dorso-laterale : costituito da afferenze che dalla convessità prefrontale dorsale (area 9,10) arrivano al caudato dorsolaterale con proiezioni superposte a proiezioni dalla corteccia parietale posteriore(area 7) e dall’area premotoria arcuata. Il circuito raggiunge la parte dorso-mediale del pallido e quella retro-mediale della sostanza nigra, che proiettano all’area ventrale anteriore e dorso-mediale del talamo (parvocellulari). Le connessioni tornano poi alla regione prefrontale dorsolaterale.

 

- circuito laterale orbito-frontale : con afferenze dalla corteccia orbito frontale al caudato ventromediale che si superpongono ad afferenze delle aree di associazione uditiva e visiva provenienti dalla corteccia temporale superiore ed inferiore rispettivamente e che tornano alla corteccia orbito-frontale attraverso le proiezioni talamiche originate nei nuclei ventrale anteriore e mediodorsale magnicellulari.

 

- circuito limbico : è costituito da afferenze provenienti dall’ipotalamo, dall’amigdala e dalle aree corticali 28 e 35, che raggiungono lo striato ventrale superponendosi ad afferenze dalla regione cingolare anteriore (area 24) e dall’area temporale.

Il circuito raggiunge successivamente l’area cingolare anteriore e la corteccia orbito-frontale mediale passando per: il nucleo medio-dorsale del talamo, il nucleo acumbens, il caudato, il putamen ventrale, il tubercol olfattorio e i nuclei talamici mediali aspecifici. Questi ricevono anche proiezioni dal setto e dall’amigdala, aprendo così una via indiretta che lega queste strutture con il nucleus acumbens.

 

Queste spiegazioni neurofisiologiche ci danno un’idea non solo della complessità della "funzione neuronale cerebrale", ma aprono anche una finestra sul panorama della inter-relazione tra funzioni neurofisiologiche ed implicazioni psicologico-psichiatriche. Basti ricordare che:

  1. - lesioni della corteccia prefrontale determinano:

n sindrome della convessità frontale - caratterizzata da anormalità della programmazione motoria e della consequenzialità del comportamento con disordini cognitivi; disturbi nel "problem solving" e nella copiatura di figure complesse; difficoltà nell’astrazione e nell’uso di metafore. Quando la lesione si estende verso il polo anteriore si associano sintomi depressivi.

n sindrome della corteccia orbito-frontale - con comportamenti disinibiti ed inappropriati, impulsività, volgarità e irritabilità.

n sindrome medio-frontale - con acinesia ed apatia. Se la lesione è bilaterale compare anche mutismo e scontrosità.

b) - lesioni del caudato

Questo nucleo è il più importante tra i gangli della base per le sue proiezioni che lo legano alla corteccia dorsolaterale e prefrontale. La "malattia di Huntington" è la sindrome principale legata a lesioni di questo nucleo che, per altro, comportano: disturbi cognitivi, apatia, ansietà, confusione e depressione.

z lesioni ventro-mediali inducono una sindrome caratterizzata da una disinibizione euforica;

z lesioni dorsolaterali e ventro-mediali inducono quadri simili alla sindrome prefrontale;

z lesioni bilaterali comportano impulsività, disinibizione e ritardo dell’evocazione mnestica;

z lesioni unilaterali provocano sintomi come: quadri ossessivo-compulsivi, depressione e ipomania, apatia, confusione intermittente, alterazioni della personalità.

c) - lesioni del "globus pallidus" - provocano quadri simili a quelli derivati da lesioni frontali con apatia, acinesia, difficoltà dell’organizzazione sequenziale.

L’intossicazione con manganese determina lesioni pallidali con sintomi parkinsoniani, irritabilità e compulsività.

d) - lesioni talamiche

Il talamo riceve connessioni con moltissime strutture sottocorticali e corticali; sue lesioni inducono quadri simili a quelli osservati nell’interessamento dei gangli della base e della corteccia frontale.

La demenza conseguente a lesione bilaterale del talamo si caratterizza per i gravi disturbi della memoria tipici dei disordini frontali.

 

F F F

La nostra posizione psico-neuro-biologica tiene in conto appunto di questi fattori, di queste funzioni a rete o a ventaglio, che permettono sia una grande interrelazione-intercomunicazione, sia una enorme velocità di scambio, con possibilità incredibili di modificare, modulare, ricreare, bloccare, accentuare e, quindi, "significare" l’imput sensoriale a punto di partenza esterno e/o interno.

Il secondo aspetto che sottende alla nostra impostazione teorica sulle demenze è quello della plasticità cerebrale.

La complessità e la plasticità risultano i cardini per poter comprendere ciò che succede in seguito agli interventi terapeutico-palliativi e progettare future modalità per migliorare la situazione personale dei pazienti Alzheimer e la loro qualità di vita.

Il tema della plasticità si riferisce in special modo alle capacità di adattamento dell’organismo e/o di un organo ad alterazioni patologiche o a condizioni ambientali alterate. Per questa funzione, il cervello utilizza:

¶ meccanismi che assicurano il recupero funzionale degli elementi lesionati o danneggiati e che configurano la cosiddetta plasticità. Questa, nella sua espressione più dimostrativa e forse anche efficace, è rappresentata dall’ingrandimento dell’albero dendritico che permette un aumento considerevole delle sinapsi neuronali;

 

· sostituzioni funzionali quali, per esempio, le vie visive sottocorticali che possono rimpiazzare, anche parzialmente, quelle corticali danneggiate.

La plasticità permette quindi di riorganizzare meccanismi funzionali operando un adattamento e, in altre parole, assicura il normale fluire dell’informazione sensoriale, emotiva ed affettiva.

Per queste considerazioni, a nostro modo di vedere, la combinazione della terapia farmacologica con una terapia palliativa come l’ E.I.T. (terapia di integrazione emotivo-affettiva) permette una interazione tra recupero della funzionalità neuro-biologica (reti neuronali limbico-frontali) e ristrutturazione di dinamiche psico-mentali (l’ Io).

A questo punto, una lettura della sintomatologia della malattia di Alzheimer in chiave psicodinamica, come quella qui presentata, diventa uno strumento essenziale non solo per una puntualizzazione sui cambiamenti-miglioramenti, ma anche per modulare l’intervento farmacologico in tal maniera da permettere interventi che accompagnino le modificazioni dei livelli dell’acetilcolina con sottili controlli delle risposte emotive ed affettive.

 

DESTRUTTURAZIONE DELLA PERSONALITA
nella Malattia di ALZHEIMER

Dott. Romeo Lucioni - Prof. Giuseppe Nappi *

In questo lavoro, di prossima pubblicazione, vengono discusse le basi psicodinamiche e neurofisiologiche della malattia di Alzheimer, che sottendono alla struttura teorico-pratica della terapia palliativa denominata E.I.T. (terapia di integrazione emotivo-affettiva), utilizzata favorevolmente e in forma sperimentale nelle sindromi neurodegenerative croniche, sola o insieme alla terapia farmacologica anticolinesterasica.

Parole chiave: malattia di Alzheimer, terapia palliativa, E.I.T., eptostigmina. 


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Alzheimer: psicodinamica e neurofisiologia della perdita della memoria.
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