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ALZHEIMER:
rapporti intercorrenti tra medico, paziente, malattia e caregivers nella quotidianità e nella terapia di integrazione emotivo affettiva. Romeo Lucioni, Ida Basso, Marzia Bonetti, Francesca Gobbi, Silvia Pedota Le aspettative che ognuno ha di se stesso dipendono anche dallimmagine che gli altrti hanno di lui, la quale influenza fortemente la propriaimmagine che il soggetto vede rispecchiata negli altri. Il tema delle problematiche familiari che, in ultima analisi si strutturano per lo più allinterno della coppia, affronta in realtà delle dinamiche in continua trasformazione che, per la loro caratteristica di coinvolgimento su argomenti particolari come linguaribilità, il costante peggioramento, le difficoltà ad ottenere pause e/o momenti di recupero, le ricadute ed una quantità enorme di circostanze legate al comportamento ed alle psicodinamiche dei pazienti, oltre che la qualità della vita, pongono in primo piano anche la figura del medico curante. In altre parole, la concettualizzazione teorica e pratica dei rapporti vincolari che il demente stabilisce nel suo "entourage" tiene conto anche dei caregivers e dellelemento professionale rappresentato dal medico di famiglia e, forse più compiutamente, dal medico specialista che si assume molte più responsabilità di quelle agite nei confronti di qualsiasi altra malattia. Per poter schematizzare un tema tanto difficile possiamo, per il momento, riferirci a tre figure: Medico SPECIALISTA in rapporto con:
caregiver
in rapporto con:
MOGLIE in rapporto con:
Questi personaggi agiscono e vengono condizionati da un "senso dellIo" che si struttura sulla capacità di:
Il medico di fronte a questi malati deve cercare uno spazio di intimità nel quale un rispettoso ascolto ed un atteggiamento poco invasivo e direttivo possono aiutare a ritrovare lequilibrio perduto. Bisogna rompere quella situazione fatta di mondi sovrapposti che si verifica quando il terapeuta viene investito dalla stessa situazione sulla quale deve intervenire, cioè linesorabilità e linguaribilità della malattia.
Il medico deve affrontare una situazione nella quale la compromissione della propria immagine narcisistica impone un funzionamento primitivo, dominato dallIdeale dellIo e dallIo ideale, che vanifica le possibilità sublimatorie.
Il rapporto tra queste tre figure chiave che si relazionano con la malattia di Alzheimer varia continuamente con il progredire della sintomatologia, così possiamo estrapolare diversi momenti caratteristici.
A PRIMA FASE DELLA MALATTIA Diagnosi ??? Terapia ??? Fase di studio Buon legame con i famigliari
problemi attenzione a non spaventare i parenti oltre che il paziente
situazione intrapsichica sicurezza di sé
Perdita della memoria- lavoro Percezione di difficoltà psicomentali Negazione e rifiuto della malattia Percezione di sentirsi studiato
problemi difficoltà psicomentali nelle applicazioni ordinarie
situazione intrapsichica sensi di ansia e di angoscia sensi di perdita angoscia di castrazione difesa della libido per cercare di superare la crisi e salvaguardare il Sé Negazione e rifiuto della malattia per salvaguardare linvestimento libidinale degli oggetti Meccanismi di difesa per salvarsi dalla colpa
problemi Verificare la realtà della malattia e/o dei sintomi
situazione intrapsichica scarsa presa di coscienza e delega totale al medico (fugge se troppo investita dal medico curante)
In questa fase lequilibrio relazionale è ancora abbastanza conservato potendo essere rispettato un abituale investimento sui ruoli e riuscendo a fondare il senso del futuro nella "speranza" di una cura e, soprattutto, di una guarigione. I primi segni di malattia vengono confusi con un normale processo di perdita funzionale dovuta alletà anche se la qualità degli stessi ha una impronta di specificità: leventuale presenza di un "fatto critico" avvenuto un anno circa prima dellinizio della sintomatologia; la presenza di una certa incontinenza emotiva; landamento progressivo e non a scalini; la "siderazione" affettiva che viene per altro coperta da un accentuarsi di bisogni di dipendenza e di adesività; il cambiamento della personalità e lindifferenza di fronte ai bisogni sessuali. B SECONDA FASE DELLA MALATTIA Diagnosi = sicura Terapia ?? aleatoria Consigli = sì, ma con qualche difficoltà
Problemi Contenimento dei disturbi disturbi del comportamento Difesa dagli attacchi dei parenti
Situazione intrapsichica Difesa dallo scoraggiamento, dal senso di impotenza, dalla perdita dellonnipotenza professionale Crisi di opposizione Errori comportamentali Crisi di angoscia Incontinenza emotiva Tendenza a minimizzare e a colpevolizzare gli altri Perdita: a)- del linguaggio e uso di circonvoluzioni b)- della memoria a breve termine c)- del lavoro
Problemi Compromissione del comportamento
Situazione intrapsichica Perdita dellinvestimento libidico Sensazioni catastrofiche Chiusura su di sé Perdita dellaffettività Spostamento sulle dinamiche dellangoscia di morte
Coscienza della gravità e dellinguaribilità Colpevolizzazione del medico Ricerca di informazioni
Problemi Necessità di una assistenza continuativa
Situazione intrapsichica Sbalordimento e paura di fronte alla variabilità ed alla "grandezza" della sintomatologia Aumento dellautostima: perdita delloggetto
regressione narcisistica
onnipotenza Scarsa delega al medico (svalorizzato) Incredulità di fronte alla mancanza di terapie farmacologiche Assunzione di un ruolo materno
Questa seconda fase di rapporto con la malattia vede profondi cambiamenti nei protagonisti che devono contenere un senso di sbalordimento e la percezione di impotenza e di inadeguatezza. Diventa sempre più evidente il bisogno di una diagnosi precoce e della messa in atto immediata di tutte le funzioni contenitive possedute: prima di tutto una precisa informazione sulle caratteristiche della malattia da offrire ai parenti e linizio di terapie adeguate, soprattutto quelle non farmacologiche tra cui l'E.I.T. che mira a ricompattare le lacerazione delle strutture ioiche. Le difficoltà ad accettare una malattia tanto distruttiva, purtroppo conducono al rifiuto di "perdere tempo" per accompagnare il paziente alle sedute di psicoterapia (compito che viene affidato ad altri) anche quando viene, con molta precisione, fatto osservare come sia pericoloso non iniziare subito la terapia, anche perchè i peggioramenti iniziali non sono facilmente superabili. Risulta purtroppo sempre evidente che più tardi "si pagheranno tutte le cose che non sono state fatte a suo tempo. È in questa fase che generalmente la moglie discute con i figli che vorrebbero un suo maggior impegno nellassistenza e nel tentativo terapeutico.
C TERZA FASE DELLA MALATTIA Diagnosi confermata Terapia inefficace (non guarisce) Controllo dei disturbi comportamentali Perdita dellonnipotenza Ricerca di condivisione Consigli ai caregivers
Problemi Contorllo farmacologico dei sintomi psicopatologici
Situazione intrapsichica Senso di responsabilità
Grave sintomatologia: fughe, irrequietezza, errori nel riconoscere anche i famigliari
problemi necessità di contenimento
situazione intrapsichica senso di angoscia e di morte: sindrome catastrofe Il mondo psichico si stringe sul sé e compare una regressione di dipendenza (adesività con la figura materna)
Maggiore presa di coscienza Richieste di aiuto alle associazioni volontarie Perdita dei "tempi personali"
Problemi Assistenza 24 ore su 24 Difficoltà a contenere Rifiuto del ruolo di "madre"
Situazione intrapsichica Dolorosa presa di coscienza della perdita Accuse generalizzate
In questa terza fase, è importantissimo sostenere la figura della moglie che risulta il personaggio più a rischio, proprio per le necessità di una assistenza pressante e continuativa. Sarebbe necessario un buon funzionamento di strutture come i centri diurni per dementi ed i day-hospital, per poter concedere "pause di respiro" ed iniziare precocemente terapie atte al recupero funzionale. La terapia E.I.T. viene eseguita con la partecipazione dei parenti (in questo caso la moglie) proprio per permettere lassimilazione di elementi capaci di contenere le perdite ed i sentimenti di colpa, strutturando un senso di capacità e di sicurezza di fronte alle problematiche che interagiscono poderosamente con lo psichismo. Le scelte terapeutiche debbono precocemente essere accettate ed avviate dal medico di base che troppo spesso non le conosce e, quindi, si limita ad interventi farmacologici (anticolinesterasici) che non sono ancora sufficientemente validi. A tale proposito, ricordiamo che, nelle prime settimane di somministrazione, un placebo dà gli stessi risultati delle "famose medicine" e ciò sta ad indicare che con un minimo di "attenzione" esercitata dagli assistenti si può influire positivamente sui sintomi (resta comunque ancora da dimostrare quale sia il preciso e reale meccanismo per il quale si ottiene questo risultato). Questa fase, per così dire, di transizione dovrebbe risultare più corta possibile, proprio per la necessità di passare rapidamente agli interventi terapeutico-riabilitativi capaci di offrire qualche speranza, non tanto verso la guarigione, ma verso il rallentamento dellinevitabilità del processo patologico. Spesso nei parenti si insinua, oltre allo smarrimento, un senso di disperazione che fa sì che non si creda più in nulla e, ancora una volta, è il medico o lo specialista che deve far conoscere e far capire (in questo modo anche lui può recuperare parte alla sua sicurezza e della sua fiducia).
D QUARTA FASE DELLA MALATTIA Nuovi interventi terapeutici = EIT Maggior presa in carico Stretta collaborazione con i caregivers Prospettive di recupero sociale
Problemi Difficoltà a organizzare nuovi interventi
Situazione intrapsichica Soddisfazione professionale Presa di coscienza di curare anche di fronte allinguaribilità Miglioramento psicofisico Ritorno di problematiche depressive Senso di recupero Maggiore autocoscienza
Riemergono problematiche profonde
Problemi Grosse necessità di assistenza di tipo sociale
Situazione intrapsichica Angosce profonde Ricomparsa di vecchi conflitti Affidamento al medico Maggiore accettazione di un possibile ricovero Aumento dellimpegno Aspettative su aiuti da ricevere Accettazione di nuove proposte terapeutiche e assistenziali
Problemi Maggiore impegno assistenziale
Situazione intrapsichica Perdita dellonnipotenza Maggiore adesione alla realtà Recupero di valenze libidiche del sé Coscienza di "salvezza" personale colpevolizzazione verso lesterno
APERTURA VERSO IL CENTRO DIURNO ACCETTAZIONE DEL RICOVERO DEFINITIVO La quarta fase prevista in questo schema tiene conto di interventi psicoterapeutici che hanno lobiettivo di reintegrare le funzione dellIo (Terapia di Integrazione Emotivo-affettiva) e che comportano notevoli miglioramenti nelle quattro aree considerate: senso-motoria, emotiva, affettiva e cognitiva. Questi miglioramenti implicano la necessità di attente osservazioni da parte dello specialista perché:
Va notato che la relazione tra i diversi "attori", che intervengono nel "dramma" dellAlzheimer, risultano distorte dal momento che prevalgono in esse le parti soggettive dominate dalla "scoperta" di una realtà sindromica dominante ed inguaribile. Lo spostamento avviene, avendo abbandonato le speranze in una guarigione, verso il versante della "curabilità", che comporta anche una soggettivizzazione del rapporto con la malattia e con la prevaricazione di processi affettivi che riguardano lautoritenersi validi e, soprattutto, ritenere lintervento "adeguato" rispetto ad altri che non lo sono. La mancanza di mediazione simbolica (il farmaco) tra terapista e caregiver da un lato e, dallaltro, tra operatore e paziente porta ad una soggettivizzazione che sfiora il narcisismo. Lo spostamento dalloggettivo al soggettivo induce a iperdimensionare un rapporto nel quale le dinamiche emotivo-affettive superano quelle cognitivo-razionali. Quanto detto riguarda specificamente la "Terapia di Integrazione Emotivo-affettiva" (E.I.T.), nella quale la ristrutturazione dellIo avviene appunto attraverso limpegno su assi emotivi ed affettivi. La vicinanza, il proporsi come modello, linsistere su valenze di autovalorizzazione e sulla ri-scoperta delle potenzialità individuali, luso del corpo come intermediario simbolico ed oggetto trasizionale, le modalità regressive che implicano valenze libidiche e istintive, luso della musica, sono tutti elementi che portano lE.I.T. a strutturare dinamiche profonde capaci di suscitare quelle valenze di desiderio e di volontà che devono risultare la chiave e/o la "combinazione" necessaria e insostituibile per ripristinare le caratteristiche dellIo. Questo modello, che presuppone, come è stato più volte ricordato, il superamento della diagnosi e della dipendenza dalla malattia (sostituite dalla comprensione di modalità psicodinamiche complesse e da una relazione con il paziente nella sua globalità) porta inevitabilmente a mettere il terapeuta, così come i caregivers, allinterno della scena che rappresenta il rapporto tra paziente e disabilità. In questo modo il rapporto terapeuta-paziente e/o caregiver-assistito diventa asimmetrico in quanto la disabilità sgretola le possibilità-capacità di una delle parti, così che laltra deve assumere la maggior parte delle responsabilità. Queste si evidenziano nelle dinamiche rassicuranti, di comprensione e di sostegno che vengono messe in atto perché il soggetto possa contenere le proprie angosce e, quindi, evitare di mettere in atto meccanismi paralizzanti che pauperizzano le sue dinamiche vitali.
In questo "teatro particolare", in questo "spazio vincolare", si sviluppano rapporti reali e simbolici che rispecchiano ed anche influiscono sulla struttura psicologica dei partecipanti. È stato detto (S.Pedota D.Scherani) che questa "ecologia di approccio" esalta la specificità della relazione che così risulta strumento di accesso al patrimonio affettivo del malato, ma possiamo anche vederlo come elemento chiarificatore dei patrimoni psico-affettivi personali degli altri attori, drammaticamente posti di fronte ad una perdita quasi incolmabile. La triade in esame tende, quindi, a stabilire nuove valenze prospettiche dellesistenza, nel senso di ri-creare flussi eidetico-volitivi che mirano al futuro, al divenire, al cambiamento ed al recupero. Ricostruire linee di speranza e lumi di programmabilità è, in fondo, lobiettivo terapeutico-curativo nel quale riemergono anche le reali possibilità di un insuccesso, senza però che queste inducano sensi di colpa, di incapacità e di inefficacia. La liberazione dalla colpa porta con sé la possibilità di accettare senza problemi un eventuale ricovero nel caso non si riesca a contenere linesorabilità della malattia e senza cadere in quella spirale lugubre che accompagna la percezione di una evoluzione catastrofica e, come riflesso, di una angoscia mortifera. Queste dinamiche portano a considerare gli effetti collaterali delluso della psicoterapia E.I.T. che, accanto ai risultati positivi sullevoluzione dei sintomi psicopatologici che accompagnano lAlzheimer, annovera una serie di cambiamenti di natura psicodinamica nelle relazioni tra medico, paziente e caregiver. Le dinamiche relazionali ed i linguaggi (vedi Lucioni-Basso) che si mobilizzano nel rapporto terapeutico insito nellE.I.T. e, di conseguenza, i cambiamenti indotti nei pazienti che, in qualche modo, recuperano una certa spontaneità, tendono anche a frantumare latteggiamento di dipendenza e di adesività che si presentano come segni della malattia, ristabilendo il valore della soggettività e dellindipendenza tra terapeuta, paziente e caregiver. Questa osservazione apre le porte alla programmazione di aspetti sociali, di interventi che devono seguire la terapia e le valenze terapeutiche a questa connesse, coinvolgendo un numero maggiore di compartecipanti (caregivers ed operatori di Associazioni di Volontariato).
E.I.T. parenti e cargivers La metodica terapeutica dellE.I.T. prevede la presenza di un parente per ogni paziente, che lavora però separatamente (vedi considerazioni in S.Pedota D.Scherani). Ciò porta ad una accettazione positiva non solo del metodo, ma, soprattutto, di ogni miglioramento del proprio famigliare, che si vede anche riflesso in quello degli altri pazienti. Spesso sono i malati ad andare a cercare il loro parente e questo, oltre a dimostrare un recupero cognitivo, porta il caregiver a ri-conoscersi come oggetto amato, abituato, colmato di fiducia e, inoltre, riconoscibile come punto di riferimento. Queste ri-scoperte propongono il recupero di uno "spazio interiore" dove ricreare una reciprocità ed anche una rivisitazione erotico-sentimentale ormai da anni perduta. Anche se non lavorano insieme, gli integranti della coppia di riferimento riscoprono modalità abituali, per lo più di una certa aggressività, che, però, risulta plasmabile e superabile quando il paziente scopre nuove potenzialità e osserva un recupero delle proprie funzioni motorie, affettive e cognitive (laggressività é sempre un mezzo per comunicare quando non ci siano altre possibilità più evolute). A volte, questi miglioramenti sono difficili da quantificare, ma è facile da osservare, invece, come le "modalità di compromettersi nellesperienza" evidenzia un ritrovato spirito soggettivo e di persona, espressione di cambiamento e di sviluppo. Uscire dalla "stagnazione" e dal declino progressivo sono gli elementi che fondano il giudizio e riempiono i caregivers di soddisfazione e di gioia. Dal punto di vista del terapeuta, è importante sottolineare questi risultati che seguono i momenti di perplessità, di incredulità ed anche di sfiducia che si leggono sempre al momento di iniziare la terapia di integrazione psico-fisica; questo porta tutti gli operatori a recuperare le proprie "forze libidiche" e a credere profondamente in ciò che si sta facendo. Un aspetto importante della terapia di integrazione (E.I.T.) è la valutazione dei risultati degli interventi che permette di scoprire il raggiungimento di una "nuova" organizzazione psichica. Più precisamente si considerano:
Losservazione e la riflessione sulla condotta, sulle reazioni emotive, sulla partecipazione affettiva, sulle difficoltà prassiche e cognitive forniscono materiale insostituibile per programmare e per condurre le sedute terapeutiche, proprio perché le reazioni emotive e le interferenze affettive influiscono poderosamente sulla percezione sensoriale e, soprattutto, sulle rappresentazioni mentali della realtà e dei vissuti. Va ricordato anche che, lavorando con pazienti che soffrono di deficit senso-motori, pauperizzazione affettiva, incontinenza emotiva e fragilità cognitiva, sono moltissime le comunicazioni non verbali, gli "stati primitivi" della relazione interpersonale, i modelli precognitivi della percezione della realtà, gli errori analitico-deduttivi: tutti questi fattori vanno considerati, analizzati ed utilizzati per captare i problemi mentali, le linee guida assunte per esistere, i vissuti palesi e profondi, le aspettative ed i bisogni. Senza questo lavoro la terapia rischierebbe di immettersi in una strada a fondo cieco, pauperizzandosi in un semplice esercizio ludico-ricreativo.
Specificità del rapporto cargiver-malattia. Abbiamo sin qui individuato il cargiver nella persona della moglie per poter procedere ad unanalisi chiara e precisa del versante interpsichico che lega i protagonisti di quello che abbiamo denominato "il dramma". Non ci resta ora che chiarire altre possibilità.
Quando il cargiver è il marito le evidenze sono abbastanza simili a quelle già descritte, anche se il coniuge maschio:
Quando il caregiver è la figlia Diventa molto evidente un senso di colpevolizzazione che però rende più fievoli gli atteggiamenti di "maternage"; la nuova famiglia resta al primo posto, per cui facilmente viene accettato un ricovero. Il legame con il genitore viene vissuto come pericoloso per i vincoli con la "sua" famiglia (marito/moglie e figli) anche se questa non salva dai sentimenti di colpa che costringono ad una presa in carico che però lascia aperte le porte al ricovero. In queste dinamiche risulta abbastanza chiaro come:
COMMENTO Il tema qui affrontato non può essere considerato totalmente sviscerato e risolto, né completamente compreso: sono troppe le variabili e sono eccessivi i quadri che devono essere presi in considerazione perché è diverso non solo ogni malato, ma anche ogni caregiver e ogni terapeuta. Il nostro obiettivo è quello di far conoscere una esperienza nuova, utile per evidenziare situazioni di transfer e di contro-transfer, tanto pregnanti da far pensare a poderosi meccanismi di negazione e di proiezione, messi in atto per annichilirli. Una medicina fondata su un approccio olistico con la "persona" ed interdisciplinare, lo spostamento verso la centralizzazione del paziente e non della malattia, limportanza delle "forze" psicopatologiche che accompagnano le espressioni genetico-biologiche, la partecipazione di concomitanti socioculturali nel determinismo dellespressione clinica, delleziopatogenesi e dellevoluzione di una qualsiasi espressione morbosa, sono stati segni e scoperte che ormai influenzano anche la ricerca scientifica più accreditata. Da un altro punto di vista, questo approccio allAlzheimer ha portato ad individuare limportanza delle compromissioni sociali, sia per quanto riguarda le relazioni con i caregivers, sia per limplicazione inevitabile e, soprattutto, auspicabile di interventi delle forze del volontariato sociale che devono però capire limportanza di una preparazione e di una formazione adeguate, oltre che (forse è la scoperta più recente) di un preciso, accurato, professionale e specifico controllo dei risultati di ogni intervento. In questo modo le tematiche interpsichiche possono non risultare più un fattore negativo, per essere poco controllate, ma, al contrario, un punto nodale per lo sviluppo non solo di un semplice apporto terapeutico individuale, ma come la molla capace di lanciare una prospettiva riformatrice. Lanalisi di una sorta di semplice gioco relazionale diventa loccasione di uno studio di meccanismi mentali manifesti e/o profondi, la possibilità di tracciare linee guida verso il recupero di valori individuali e/o sociali non solo perduti, ma caratteristici e per questo indispensabili per la "vita" di una società in continua e profonda trasformazione. Loccasione dellapproccio allAlzheimer si può leggere anche come rapporto con un insieme di linguaggi che, nella loro valenza comunicativa, per lo più non verbale, conducono al superamento di "impasse" e di tergiversazioni oltre che allaccettazione dellAltro che ha pieno diritto di essere se stesso e di essere considerato "persona", anche quando le sue capacità cognitive sono ridotte o vanificate. In questo lavoro, abbiamo potuto vedere che un processo di riabilitazione significa per lo più un recupero della consapevolezza che riguarda non solo i pazienti, ma anche i caregivers, gli specialisti e gli operatori. Queste nuova "coscienza di sé", come autoriconoscimento ed autovalorizzazione, contiene implicita la sicurezza che le nostre forze psichiche non si alimentano solo di cognizioni e di sapere, ma anche di volontà, di desiderio, di "mettersi dentro", di capire, di accettare un coinvolgimento con tutte le forze dellentourage individuale e sociale. HOME PAGE ALZHEIMER 1°
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