L’esposizione presentata dai curatori
Enigma Helvetia è la prima esposizione organizzata congiuntamente dal Museo Cantonale d’Arte e dal Museo d’Arte di Lugano e costituisce la prima iniziativa del Polo Culturale, inteso quale rete di soggetti istituzionali che, all’insegna di un indirizzo culturale rispondente a un progetto condiviso, agiscono in modo coordinato. Questo progetto interdisciplinare propone uno sguardo, frutto al contempo di considerazioni di ordine estetico-artistico e antropologico, sul rapporto intercorso dalla fine dell’ottocento ai giorni nostri, tra la creatività e le peculiarità della realtà Svizzera.

La mostra si snoda attraverso percorsi espositivi complementari, scanditi tematicamente negli spazi dei due musei: nelle sale del Museo Cantonale d’Arte viene privilegiato il rapporto con il territorio, l’ambiente naturale, il paesaggio; nei locali del Museo d’Arte si rivolge invece l’indagine sul rapporto tra l’individuo e la società. Gli allestimenti comprendono opere dei più importanti artisti svizzeri attivi sull’arco del secolo appena trascorso fino alla contemporaneità in dialogo con elementi delle tradizioni popolari o dell’artigianato, oggetti di uso quotidiano oppure di design.

Entità provvista di una storia di lunga data, la Svizzera è legata a doppio filo all’Europa. Sorta attraverso un processo di emancipazione dall’Impero, essa affermò fieramente e per secoli la sua indipendenza, conquistandola come custode dei passi alpini garantiti alle potenze continentali. Tale fatto dice molto dell’ambivalenza di un paese da una parte tentato dall’arroccamento nello spazio protettivo in cui si ridusse ad operare e dall’altra sempre attento e vigile nei confronti delle turbolenze agenti ai propri confini. La sua attuale condizione di unica nazione che ha scelto di rimanere al di fuori dell’Europa unita (ma con questa coordinata grazie a particolari accordi) è il risultato di tale equilibrio fra gli opposti. Esso innerva l’intero suo corpo politico, sociale, economico, culturale, a partire dallo stadio esistenziale fino a quello simbolico, reggendo (dalla dimensione del quotidiano alle rappresentazioni artistiche) il complicato sistema di diversità, valori, interessi, diritti, raggruppati in uno spazio diventato sempre più piccolo rispetto al mondo vieppiù allargato e globalizzato, che preme dall’esterno e il cui incombere insidia le certezze acquisite attraverso la sua storia secolare.

Ce n’è abbastanza per interrogarci sui principi e sui fondamenti che intessono la differenziata e complessa rete di componenti che hanno delineato l’identità svizzera, dove l’arte e la cultura hanno da sempre svolto un ruolo primario nell’elaborazione di un immaginario tanto più necessario quanto più destinato ad affermare un patrimonio condiviso da popolazioni diverse e autonome, ciascuna gelosamente custode della propria tradizione e dei propri caratteri.

È la motivazione che ci ha portati a concepire una mostra che certo non può prescindere dall’esibire opere che direttamente o indirettamente si richiamano a un sentire e a una condizione vissuti da artisti che (per essere svizzeri) si sono trovati ad incrociare gli stessi temi, ma che si estende a documenti e a testimonianze di modi d’essere diramati nei comportamenti, nelle abitudini e nelle tradizioni che, attraverso il tempo, le trasformazioni sociali, le realtà regionali, hanno acquisito una specificità in cui è decifrabile un comune denominatore d’esistenza.

Alimentata da visioni mitiche (la montagna come simbolo di superiore stabilità, l’epopea delle battaglie fondative, ecc.), la coscienza dello svizzero ha eretto di fronte al mondo lo scudo con cui preservare la propria distinzione, ma capillarmente l’ha rinsaldata nella ritualizzazione del quotidiano che, attraverso l’ordine, la precisione, la pulizia, celebra l’efficienza proverbiale del suo operare. In tale arco – teso tra la vastità degli ideali e la ristrettezza dell’orizzonte, tra il cosmopolitismo che ha spinto i suoi spiriti più avventurosi ad affermarsi oltre i confini e il localismo coltivato da chi non li ha varcati, tra la fuga dall’ambiente angusto della nascita e il ritorno nel suo

grembo, tra l’apertura e la chiusura al mondo, tra la modernità e la tradizione, tra l’innovazione e la conservazione – si è cercato di mettere a fuoco le modalità attraverso le quali lo svizzero si è riconosciuto o è riconoscibile come tale. Già corroso dall’azione critica di coloro che negli ultimi decenni hanno messo in discussione la soffocante regolarità del vivere che vi è privilegiata, lo speciale caso elvetico si trova oggi ad affrontare le incognite di un presente sempre più dipendente da fattori esterni.

Fino a che punto tale processo di identità in perenne costruzione possa confermarsi lo dirà il futuro.

Presenta l'iniziativa
del Polo Culturale
di Lugano:

ENIGMA HELVETIA
ARTI, RITI E MITI DELLA SVIZZERA MODERNA

 

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La mostra "Enigma Helvetia"

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Comunicato stampa

Enigma Helvetia
Arti, riti e miti della Svizzera moderna

Museo Cantonale d’Arte e Museo d’Arte, Lugano
27 aprile – 17 agosto 2008
a cura di Pietro Bellasi (Professore di Sociologia, Università di Bologna), Marco Franciolli (Direttore Museo Cantonale d’Arte, Lugano), Carlo Piccardi (Musicologo) e Cristina Sonderegger (Museo d’Arte, Lugano). Progetto dell’allestimento a cura di Italo Grassi.

Dal 27 aprile al 17 agosto 2008, il Museo Cantonale d’Arte e il Museo d’Arte di Lugano presentano, nelle due sedi espositive, una mostra di respiro internazionale dal titolo Enigma Helvetia. Arti, riti e miti della Svizzera moderna dedicata al complesso rapporto che, dalla fine dell’Ottocento a oggi, ha caratterizzato la produzione artistica, la storia, la cultura e l’immaginario di quel laboratorio unico e singolare che è la Svizzera.

Enigma Helvetia è la prima mostra ideata e prodotta congiuntamente dal Museo Cantonale d’Arte e dal Museo d’Arte a Lugano quale primo evento del Polo Culturale che in tal modo prende avvio con una iniziativa di carattere storico critico compendiario e interdisciplinare.

A cura di Pietro Bellasi, Marco Franciolli, Carlo Piccardi e Cristina Sonderegger, la mostra intende indagare le particolarità del mondo culturale elvetico offrendo una lettura interdisciplinare di quest’ultimo attraverso opere e testimonianze di arte, architettura, design, fotografia, video e installazioni. Allo stesso tempo l’esposizione luganese vuole evidenziare lo straordinario numero di artisti che lungo tutto il XX secolo hanno saputo affermarsi quali protagonisti in ambito internazionale, fra questi Cuno Amiet, Albert Anker, Jean Arp, Max Bill, Fischli&Weiss, Franz Gertsch, Alberto, Augusto e Giovanni Giacometti, Ferdinand Hodler, Paul Klee, Markus Raetz, Hermann Scherer, Roman Signer, Daniel Spoerri, Sophie Taeuber-Arp, Jean Tinguely, Ben Vautier, Not Vital e numerosi altri.

Enigma Helvetia che si articola sulle due sedi museali del Museo Cantonale d’Arte e del Museo d’Arte di Villa Malpensata, propone lungo il percorso espositivo alcuni dei grandi temi presenti nella caleidoscopica realtà culturale svizzera in un’esplorazione curiosa, sorprendente e a tratti anche divertente dentro l’enigma elvetico.

Nel secolo appena trascorso, sullo sfondo del susseguirsi di tragedie, chiusure, aperture, conflitti e profondi cambiamenti socio-politici, la Svizzera ha profilato la propria identità e la propria posizione internazionale, condizionando inevitabilmente, per reazione o identificazione, rottura o assimilazione, anche le espressioni di creatività. L’arte, o meglio, le arti e gli artisti che per nascita, origine, elezione, eventi della grande storia e vicende personali si sono trovati a confronto con la Svizzera e con la ‘Swiss way of life’, sono stati protagonisti nel mondo lungo tutto il XX secolo.

Alle straordinarie opere d’arte provenienti dai più importanti musei svizzeri e non solo, il percorso espositivo che a partire dal Museo Cantonale prosegue nel Museo d’Arte, affianca immagini e oggetti del quotidiano, delle tradizioni e della produzione industriale svizzera, riuniti con un approccio frutto al contempo di considerazioni di ordine estetico-artistico e antropologico che mettono in luce i processi di miniaturizzazione, di ritualizzazione ed estetizzazione della vita quotidiana, riflessi anche di quella precisione, perfezione, efficienza e di quell’ordine che per molti aspetti caratterizzano il mondo elvetico. Non potevano mancare le presenze di alcune società dello Swatch Group come la mitica Swatch, oppure Omega con il primo orologio che è andato sulla luna, o ancora Nivarox specializzata - a testimonianza dell'eccellenza dell'industria orologiera svizzera - in componenti e nella micromeccanica orologiera per le marche di prestigio nonché oggetti di uso quotidiano come il coltellino svizzero, la cerniera Riri e il pelapatate Rex.

Tra gli elementi fondanti dell’immaginario elvetico e dell’identità nazionale vi è evidentemente la montagna raffigurata nelle sue diverse declinazioni, ora romantiche, ora mistiche, oppure ancora nelle conquiste ‘ascensionali’ tipiche del turismo che si sviluppa nel periodo della Belle Epoque. Ma la montagna si presta quale soggetto artistico anche nelle sue note drammatiche e ostili, metafora espressionista di una dimensione esistenziale influenzata dagli sviluppi della storia, oppure ancora come luogo paradisiaco e come rifugio, fulcro dei valori autentici da difendere contro ogni aggressione.

Emerge, sino ai giorni nostri, la tensione fra tradizione e modernità, tra localismo e cosmopolitismo, tra realtà urbane e realtà rurali custodi di importanti e autentiche tradizioni spesso in contrasto con le ambizioni internazionali dei centri cittadini. Questi contrasti si riflettono anche in ambito artistico e culturale dove, sino alla metà del Novecento, all’arte ‘ufficiale’, caratterizzata da una figurazione di impostazione tradizionale, sostenuta dalle istituzioni e dalla maggioranza della critica e del pubblico, si contrappone un’arte nata dal confronto con le esperienze delle avanguardie. Emblematica in tal senso è l’esperienza del Dadaismo: nato a Zurigo dalla creatività di artisti principalmente stranieri rifugiatisi in Svizzera durante la prima guerra mondiale, il movimento si propagherà in tutta Europa ma per la realtà artistica e culturale svizzera si rivelerà come un’esperienza estemporanea, la cui eredità e in particolar modo l’approccio ironico alla realtà, si ritrovano nella produzione artistica contemporanea.

Catalogo
La mostra è accompagnata da un catalogo riccamente illustrato edito da Silvana Editoriale con numerosi contributi di storici, studiosi e critici d’arte quali: Pietro Bellasi, Iso Camartin, Bruno Corà, Marco Franciolli, Christoph Hänngi, Georg Kreis, Domenico Lucchini, Daniel Maggetti, Roberta Mazzola, Carlo Piccardi, Lucienne Peiry, Chasper Pult, Fabio Pusterla, Bruno Reichlin, Anna Ruchat, Peter Rüedi, Pascal Ruedin, Cristina Sonderegger.
Testi in italiano, tedesco, francese e rumantsch con traduzione in inglese.

Proposte didattiche
Per un approfondimento dei temi sviluppati nell’ambito dell’esposizione, il Museo d’Arte e il Museo Cantonale d’Arte prevedono una serie di attività didattiche ed educative che consistono in visite guidate, percorsi tematici, visite-conferenza e atelier creativi, appositamente studiati per le diverse fasce d’età e per le diverse esigenze del pubblico. Sarà possibile seguire visite guidate in italiano, francese, tedesco e inglese nei singoli Musei o partecipare a percorsi più impegnativi che prevedono una visita che si sussegue nelle due sedi espositive. Per maggiori informazioni si prega di contattare il numero: +41 (0)58 866 72 14 o scrivere all’indirizzo e-mail: info.mda@lugano.ch

Biglietto combinato RailAway/FFS
Con il biglietto combinato RailAway, le visitatrici e i visitatori approfittano di uno sconto del 20% sul viaggio in treno, sul trasferimento e sull’entrata. Il biglietto combinato è ottenibile alla stazione di partenza e al Rail Service 0900 300 300 (CHF 1.19/min.) a partire dal 1° aprile. Informazioni dettagliate ed esempi di prezzo sul sito www.railaway.ch

Informazioni e richiesta di materiali stampa:

Italia:
Ufficio stampa Battage Comunicazione, Milano
Alessandra de Antonellis tel. +39 339 3637388 e-mail: alessandra.deantonellis@battage.net
Margherita Baleni tel. +39 349 1721251 e-mail: margherita.baleni@battage.net

Svizzera:
Museo Cantonale d’Arte, Lugano
Benedetta Giorgi Pompilio tel. +41 (0)91 910 47 87 fax. +41 (0)91 910 47 88
e-mail: benedetta.giorgi@ti.ch

Museo d’Arte, Lugano
Sabina Bardelle tel. +41 (0)58 866 70 90 fax. +41 (0)58 866 71 03
e-mail: sbardelle@lugano.ch

Il Polo Culturale e il suo futuro Centro

Con la mostra Enigma Helvetia. Arti, riti e miti della Svizzera moderna che sarà allestita al Museo d’Arte e al Museo Cantonale d’Arte di Lugano dal 27 aprile al 17 agosto 2008, si avvia l’attività del «Polo culturale».

Il «Polo culturale» identifica una rete di soggetti istituzionali che, all’insegna di un indirizzo culturale rispondente a un progetto condiviso, agiscono in modo coordinato. Una forza propulsiva che è stata immaginata, sin dal suo costituirsi, per esprimere e valorizzare tutto il territorio. Immaginiamolo pure come una mano le cui cinque dita - la musica, il teatro, l'arte moderna e contemporanea, la storia e le altre culture - si muovono di concerto e con un fine comune. Bisogna, dunque, con chiarezza sin d'ora distinguere fra il «Polo culturale» e il grande edificio del «Centro culturale» che si inaugurerà nel 2012. Il «Polo» determinerà l’identità e l’azione futura di quel «Centro» di grande importanza e complessità in un clima di stimolanti relazioni internazionali.
La decisione di edificare nello spazio adiacente all'ex Albergo Palace il «Centro culturale» è l’esito di un processo che, negli anni, ha visto il Comune di Lugano promuovere in modo crescente la cultura, per innalzare la qualità della vita del cittadino e la realtà urbana, a un livello nazionale e internazionale. Il «Centro» sarà, dunque, il contenitore di eccellenza delle attività che riguardano la musica, le arti visive e sceniche.
Nel «Centro» confluiranno: il Museo d’Arte Moderna oramai diventato Museo d’Arte, la Collezione permanente e altri importanti fondi che costituiscono il patrimonio artistico della Città. A rafforzare ulteriormente la nuova realtà museale sarà la presenza di una sezione del Museo Cantonale d'Arte, istituzione con la quale saranno sviluppati progetti espositivi di particolare rilievo.
Inoltre, il «Centro» sarà la sede di un grande teatro, in grado di offrire nelle migliori condizioni, per gli artisti e per il pubblico, una stagione organica di concerti e di proposte teatrali e anche liriche di valore nonché la danza, che costituisce un settore in costante crescita creativa.
Gli altri due soggetti principali che contribuiranno a rendere il «Polo culturale» un vero e proprio laboratorio interdisciplinare, aperto alla più ampia collaborazione in rete, sono: il Museo delle Culture, che dal 2012 è previsto che si trasferisca a Villa Malpensata e il nascente Museo Storico, con sede a Villa Ciani, cui concorrerà l'Archivio Storico, con l'ulteriore sviluppo di attività espositive e di ricerca, in sinergia con le istituzioni cantonali e federali.

Il Museo Cantonale d’Arte a Lugano

Dalla sua apertura nel 1987, il Museo Cantonale d'Arte di Lugano continua a sviluppare la propria attività in parallelo verso due ambiti principali: la conservazione della collezione permanente, che copre un arco cronologico compreso tra il 1800 ed oggi, e la realizzazione di esposizioni temporanee.
In oltre vent’anni di attività, il Museo ha proposto più di novanta mostre affrontando tematiche molto diverse tra loro, dalla pittura alla scultura, dalla fotografia al video, all’architettura e alla grafica, mantenendo sempre una grande attenzione al contemporaneo.

L’attività espositiva è divisa in mostre monografiche (Kandinsky, Tauber Arp, Domela, Jawlensky, per citarne solo alcune tra quelle proposte) e mostre dedicate a grandi problematiche del Novecento, ad esempio: la trasformazione del concetto di forma nella mostra Da Kandinsky a Pollock, il rapporto tra pittura e fotografia in L’immagine ritrovata, la relazione tra disegno infantile e grandi artisti del Novecento in Les Enfants Terribles, l’idea di vuoto nell’arte italiana dagli anni Sessanta ad oggi in L’immagine del vuoto.

Particolare attenzione è rivolta ad artisti legati per nascita o per adozione al territorio ticinese.
Va inoltre sottolineato il percorso di approfondimento sulla cultura fotografica che il Museo ha promosso fin dall’inizio della sua attività e che vede il programma 2008 inaugurarsi proprio con la mostra Vaccari di Franco Vaccari. Antologia fotografica 1955-2007, prima esposizione antologica internazionale dedicata all’artista modenese, protagonista dell’arte concettuale italiana.

Le mostre temporanee si alternano regolarmente alla presentazione di opere che fanno parte della collezione permanente.

La collezione del Museo Cantonale d’Arte comprende principalmente opere del XIX e XX secolo, con alcune significative incursioni nei secoli precedenti, realizzate sia da artisti ticinesi o artisti stranieri che hanno lavorato nella Svizzera italiana, sia da artisti italiani e di altri Paesi che hanno avuto un ruolo di primo piano nell’ambito della storia dell’arte moderna e contemporanea tra cui, solo per citarne alcuni di vari periodi: Degas, Renoir, Pissarro, Hodler, Klee, Ozenfant, Oppenheim, Melotti, Orozco, Dijkstra, Struth.

Le opere che compongono la collezione permanente provengono principalmente dal patrimonio artistico del Cantone Ticino, cui si aggiungono acquisizioni dirette, donazioni e depositi di altri musei svizzeri (Ginevra, Basilea, Zurigo, Winterthur), della Confederazione Elvetica, dell’Associazione Promuseo e di privati.

Negli ultimi anni il Museo ha beneficiato tra l’altro di un’importante donazione del conte Panza di Biumo, che ha permesso all’istituto di collocarsi tra i musei svizzeri più ricchi di opere dell’area Post-minimal. Il costante sviluppo della collezione rappresenta uno degli obiettivi principali del Museo, che persegue una politica mirata di acquisizioni con lo scopo di documentare le diverse componenti dello sviluppo artistico dall’Ottocento ad oggi in rapporto a un territorio, quello del Ticino, situato tra il Nord e il Sud dell’Europa.

Il Museo Cantonale d'Arte ha sede a Palazzo Reali, ex-residenza privata donata al Cantone Ticino e agglomerato di tre edifici del XVI, XVII e XVIII secolo, tra i più significativi del centro storico di Lugano. Il Museo si trova nel cuore della città a pochi passi da Piazza della Riforma e dalle rive del lago.

Mediazione culturale
Il Museo Cantonale d’Arte sviluppa da diversi anni un’intensa e articolata attività di mediazione culturale, con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico nei confronti della cultura artistica. I programmi didattici sono rivolti a tutte le fasce di età e configurati in relazione al programma espositivo del Museo. Vengono proposte visite guidate abbinate a laboratori per le scuole elementari e medie inferiori, visite guidate per le scuole medie superiori e per gruppi di adulti. Il sabato e la domenica vengono spesso organizzati eventi particolari, tra i quali si segnalano gli appuntamenti per i più piccoli, intrattenuti con animazioni, racconti, concerti o spettacoli teatrali.
Parallelamente al programma espositivo vengono organizzati cicli di conferenze e simposi in collaborazione con la STBA (Società Ticinese Belle Arti).

Biblioteca
Il Museo Cantonale d’Arte dispone di una biblioteca specialistica di oltre 10’000 volumi, tra cataloghi, monografie, saggi d’arte e riviste specializzate. Il catalogo della biblioteca è disponibile online sul sito del Sistema bibliotecario ticinese: www.sbt.ti.ch.

Videoteca
Il Museo Cantonale d’Arte possiede una collezione di arte video tra le più importanti a livello svizzero, frutto della donazione del VideoArt Festival di Locarno. Sono inoltre a disposizione del pubblico una serie di documentari sull’arte prodotti dalla TSI (Televisione della Svizzera Italiana). I video possono essere visionati in sede previo appuntamento.

Museum shop
Pubblicazioni, cartoline, oggetti, giochi e multipli d’artista possono essere acquistati presso la spazio vendita del Museo.

Breve storia della Villa Malpensata e del Museo d’Arte della Città di Lugano

La Villa Malpensata, costruita verso la metà del XVIII secolo è oggi la sede del Museo d’Arte della Città di Lugano.

Nel 1845, dopo varie trasformazioni e ampliamenti, la Villa divenne proprietà della famiglia Caccia.
Nel 1893, all’atto della sua morte, Antonio Caccia, scrittore e collezionista d’arte, già diventato erede della Villa, la cede, insieme ad opere ed oggetti artistici, alla Città di Lugano, con la richiesta di vederla destinata ad ospitare un museo.
Nel 1903 la Città accetta il lascito Caccia con l’impegno di istituire nella Villa Malpensata un museo d’arte.
Tale intenzione, dopo alterne vicende, trova esito con il restauro trasformativo della Villa, avviato nel 1967, al fine di ottenerne un vero e proprio museo.
Dopo l’apertura avvenuta nel 1973 e fino al 1990, il Museo della Villa Malpensata accoglie un centinaio di episodi espositivi, diversamente concepiti e allestiti. Ulteriori restauri sopravvenuti dopo il ’90 e un diverso orientamento espositivo a partire dal 1992 avviano una diversa fase: la Villa Malpensata assume la denominazione di Museo d’Arte Moderna divenendo sede per esposizioni temporanee dedicate, fino al 2007, all’arte del XX secolo con particolare attenzione al filone figurativo della pittura espressionista.

Dal 2008, con l’avvio a Lugano del Polo Culturale la Villa Malpensata assume la denominazione di Museo d’Arte.
La nuova identità è rivolta ad esprimere nuovi criteri e concezioni dell’attività espositiva, nell’ottica di favorire relazioni attive con la rete museale esistente a Lugano, nel suo territorio ed oltre; con il Museo d’Arte si apre la nuova stagione dell’istituzione che, nel 2012-2013, porterà all’apertura del grande Centro Culturale della Città di Lugano.

Alcune tematiche sviluppate al Museo Cantonale d’Arte

Il sentimento della montagna
Un elemento unificante per quanto riguarda la produzione artistica svizzera, è, senza dubbio alcuno, il sentimento della montagna, declinato in infinite varianti, dalla più metaforicamente allusiva al riferimento più diretto. Gli artisti non hanno solo guardato al paesaggio, ma hanno trovato ispirazione in tutte le manifestazioni del mondo naturale alpino, interpretandole di volta in volta con accenni poetici, sognanti, terrorizzati, divertiti o di ammirato realismo nelle loro opere. La mostra presenta la grande varietà di stili e di forme attraverso i quali si sono espressi nell’arte svizzera la montagna e il paesaggio, dalle visioni romantiche di Turner a quelle espressioniste di Hodler, dalla montagna gialla di Amiet alle gouache realistiche di Klee, dalla giocosa simulazione paesaggistica del letto disfatto di Fischli & Weiss alla montagna virtuale di Monica Studer e Christoph van den Berg.

L’invenzione del paradiso
L’invenzione del paradiso è il titolo di un libro d’immagini composto dal grande regista cinematografico Daniel Schmid in collaborazione con Peter Bener. Proveniente da una famiglia di albergatori di Flims egli ci ripropone, con nostalgia e humour, la grande stagione, sognante e cosmopolita, della scoperta turistica delle Alpi e della loro trasformazione in “riserva” di vita nella natura, di aria salubre e di acque taumaturgiche, di avventure montanare e di giochi sportivi a rischio e fatica controllati; di genuinità e di rudezze di popolazioni autoctone ritenute, in onore a Rousseau, primitive e serene. I villaggi delle Alpi svizzere divengono santuari della Belle Epoque: raccolgono frammenti e resti della morente vita agricolo-pastorale minata dalla modernità e li assemblano a costruire i teatri del “grazioso”, del folkloristico, del “pittoresco”. D’altra parte le comodità sfavillanti delle città seguono queste illustri clientele concentrandosi nei favolosi alberghi-cattedrali Jugendstil, mastodontici e paradossali meteoriti di raffinatezze architettoniche, posati perentoriamente a fianco di rocce, cascate, ghiacciai, laghi e dirupi.
Proprio da allora la Svizzera si sente guardata, ammirata, osservata, frugata fino nell’intimo della sua quotidianità da sguardi “estranei”. Certamente anche da qui il grande impegno di “estetizzazione” della vita quotidiana, il leggendario propre-en-ordre, la cura minuziosa, la manutenzione meticolosa degli ambienti, dei mezzi, degli arredi: non accessori secondari, ma punti focali di una identità culturale elvetica.

Sacre cime
Quando, nell’ottobre del 2001 un TIR bruciò dentro il traforo autostradale del San Gottardo e la fotografia di quell’antro di fiamme fece il giro del mondo, si rileva dai commenti del tempo che l’evento suscitò timori oscuri, ancestrali. Quasi che quel massiccio, percepito ancora come una montagna sacra (l’ultimo baluardo e rifugio di una Svizzera eventualmente assediata) avesse vendicato l’oltraggio di chi aveva osato trapassarlo da parte a parte come un pane di burro. E non scalarlo, assecondandone almeno in parte i rilievi, le pieghe, i contrafforti come aveva fatto più di un secolo addietro la ferrovia con i suoi tornanti e le sue famose gallerie elicoidali: un vero monumento tecnologico che sembrava riconoscerne ancora la maestà imponente e severa.
Insomma, quell’incidente ha rappresentato un momento drammatico della durezza, della faticosità ma anche della crudeltà della natura in ambiente di montagna sia e soprattutto per coloro che vi abitavano con il loro lavoro, sia per quanti erano obbligati a traversare le Alpi lungo le “vie male” e gli innumerevoli “ponti del diavolo”, spesso in preda a tempeste, tormente e slavine che, nelle allucinazioni del terrore, si palesavano come mostruosità al tempo stesso naturali e soprannaturali. In epoche pre-cristiane maschere terrifiche venivano indossate per spaventare e cacciare gli spiriti maligni che si annidavano negli orridi dell’oscurità invernale; o per inneggiare al ritorno della luce a fine inverno. In seguito, l’antico spirito magico si intreccia teneramente con la religione, esprimendo con ingenuità commovente la gratitudine alle divinità per gli scampati pericoli: sono gli ex-voto, rappresentazioni incantate in un realismo naïf che riflette la fede nella presenzialità cristallina del prodigio; illustrazioni di una “fiaba della vita” in chiave quasi infantile.

Il mito di Heidi
I bisogni profondi dell’infanzia, libertà, immaginazione e gioco, trovano nello spazio e nella natura delle Alpi lo scenario incantato dove fiabe e fantasie possono prendere forma.
Nel 1880, la scrittrice svizzera Johanna Spyri (1827-1901) pubblica Heidi, romanzo emblematico del binomio montagna-infanzia, trasposto in innumerevoli versioni cinematografiche e televisive in tutto il mondo. L’immagine registrata nella memoria collettiva è quella di ripidi pendii fioriti dai quali precipita a rotta di collo la ragazzina, icona di libertà e affrancamento dai condizionamenti cittadini. Questo inno alla semplicità trova un corrispettivo nei ritratti infantili di Albert Anker (1831–1910) straordinario pittore svizzero, molto amato dal grande pubblico per i suoi soggetti, in particolare quelli dell’infanzia che parlano direttamente ai sentimenti dell’osservatore. La Mariette aux fraises è un dipinto potente, dove la qualità altissima della tecnica pittorica di Anker restituisce ogni dettaglio: la resa quasi tattile dei tessuti modesti, la posizione delle mani che trattengono le fragole di bosco, la dolcezza dell’espressione del viso e degli occhi della bambina, il rapporto simbiotico con il paesaggio circostante.
Maria und Benz, rispettivamente moglie e figlio dell’artista Franz Gertsch (1930) – ritratti come in un’istantanea fotografica – esprimono lo stato d’animo gioioso e rilassato di una passeggiata nella natura. Il bimbo porta una camiciola tradizionale bernese, che introduce una nota folcloristica locale. Nell’insieme il dipinto assume una dimensione atemporale e universale con, al centro, il bambino felice nella natura.

Verticalità e orizzontalità
John Ruskin, il grande critico inglese, scrive che se una qualsiasi montagna potesse raccontare la propria storia, inizierebbe col ricordare quanto era stata grande. E Ferdinand Hodler sostiene che il tormento drammatico dei picchi, delle creste, delle punte che si ergono nella solitudine delle altezze è destinato ad acquietarsi nella orizzontalità inerte del fondo degli oceani.
Al contrario, il mito delle altitudini, l’idea stessa di verticalità, di ascensionalità, appartengono a un immaginario epico, persino mistico, a volte solo “turistico” della montagna, le cui vette, pareti, precipizi, cenge e seracchi sembrano lanciare messaggi di sfida al coraggio, alla temerarietà di scalatori pronti a rischiare per realizzare ambizioni e ideali. Aspetti, questi, trascurati dalle popolazioni autoctone che hanno sempre percepito “le cime” come luoghi inospitali per uomini e animali, sterili per qualsiasi coltura.
Ma in particolare molti artisti vedono nella montagna, come Ruskin e Hodler, un panorama di rovine e di crolli, il regno dell’entropia, della stanchezza immane della materia cosmica, sotto i colpi della corrosione e del dilavamento. La metafora dell’ erosione e della resistenza dei materiali e delle forme della montagna si incarna nelle figure esili e irriducibili di Alberto Giacometti, le cui esistenze fragili e coriacee esprimono quanto inesorabilmente il tempo precipiti nella perdita.
I corpi di Augustine Dupin e di Valentine Godé-Darel disegnati e dipinti da Hodler nella loro inerzia quasi “minerale” tracciano gli stessi skyline dei suoi “paesaggi planetari” e di quella loro natura inabitata, che pare rassegnarsi all’appiattimento di una esausta orizzontalità.

L’epopea dei trasporti
I treni in Svizzera costituiscono un mito fondatore della modernità, come Guglielmo Tell lo è stato in passato. Una rete ferroviaria possente unisce, materialmente e non solo idealmente, con un legame d’acciaio e di tecnologie, le diversità di etnie e di culture che costituiscono la Confederazione. Le grandi linee, del Gottardo, del Sempione, del Lötschberg, le Ferrovie Retiche e così anche i numerosi “trenini dei ghiacchiai”, come quello leggendario della Jungfrau, hanno illustrato una vera e propria saga di una popolazione ospite di una natura sublime, ma originariamente anche prigioniera della sua orografia selvaggia, aspra e, per certi aspetti, crudele.
La genialità, spesso la temerarietà progettuale di viadotti e gallerie, l’inventiva e la prestanza scientifico-tecnica di grandi officine elettro-meccaniche che hanno costruito locomotori divenuti famosi nel mondo hanno realizzato un sistema tecnologico che sembra collegare virtuosamente la Storia delle grandi conquiste umane con la vita quotidiana di tutti i giorni della gente qualunque. Così, proprio nella quotidianità, il treno appare come esempio emblematico di una “tecnologia buona”, ecologicamente corretta: anche nella pubblicità si presenta come un benefico bestione meccanico che fa parte integrante della natura e dei suoi cicli stagionali.
La mitica qualità dei trasporti svizzeri è completata dai “postali” gialli che si arrampicano sui passi alpini ai bordi dei ghiacciai e nei villaggi più remoti, facendo rimbalzare sulle pareti delle valli le note del loro famoso clacson; e dai battelli bianchi un po’ retrò che scorrono i laghi glaciali incastonati tra le rocce e i boschi.

Altre montagne
Nel 1997 la curatrice Bice Curiger propone al Kunsthaus di Zurigo una mostra dedicata alla giovane arte svizzera dal titolo suggestivo ed efficace: Freie Sicht aufs Mittelmeer. Junge Schweizer Kunst. Non solo si può cogliere in questo titolo l’eco di uno slogan utopico espresso dalle generazioni della contestazione, ma anche la sottile ironia di uno sguardo capace di attraversare le montagne per giungere al Mediterraneo. In un senso più ampio, il titolo allude al desiderio – tipico per chi vive circondato da alte montagne – di vedere ciò che sta dietro, di superare la barriera, quella naturale e quella metaforica.
Nelle visioni degli artisti, però, la montagna può anche trasformarsi in mare, come nelle suggestive immagini di Thomas Flechtner intitolate San Gottardo Walk: il ghiacciaio può fondersi, ritirarsi o creare forme primordiali come anche nell’istallazione di Reto Rigassi dal titolo Ø 592, crescita-decrescita, Ghiacciaio del Rodano.
Ancora, esercitazioni militari o movimenti di gatti delle nevi trasformano la montagna notturna in scenario per spettacoli pirotecnici, come nell’opera di Relax (chiarenza & hauser & co.) e nella fotografia di Jules Spinatsch della serie Snow Management che evocano metaforicamente uno dei temi più sensibili dell’epoca contemporanea, quello dell’ecologia e della preoccupazione per l’ambiente, entrambi molto presenti nella società svizzera e sempre più oggetto d’attenzione anche per l’arte.

Frammenti e montaggi
L’arte svizzera più recente sembra giocare, in modo scanzonato, con gli elementi più eterogenei. Le opere si compongono di assemblaggi apparentemente incongrui, come in Oh Ubi! e Eisenbert di Lutz & Guggisberg, artisti che giocano liberamente con le forme e le associazioni di idee, mescolando argutamente linguaggi e tecniche diverse. Una libertà presente anche nell’ossimoro, a prima vista vagamente ridicolo, di un nanetto gigantesco che sovrasta la montagna evanescente nel dipinto di Andrea Gabutti. La figurina, stereotipo rassicurante nei giardini svizzeri, assume nuovi significati sulla tela e provoca associazioni d’idee inedite e vagamente inquietanti. Sicuramente fra le caratteristiche più rilevanti, riscontrabile nel lavoro di molti artisti contemporanei svizzeri, è la costruzione dell’immagine tramite l’assemblaggio di frammenti eterogenei – riconducibile a una sorta di montaggio cinematografico come quello presente nell’Autoritratto del 1971 di Urs Lüthi – un’immagine che non si genera più come costruzione lineare dell’idea del mondo, ma come riflesso immanente della frammentarietà della realtà contemporanea. Un atteggiamento simile si ritrova nella ricorrente struttura proteiforme delle opere di Pipilotti Rist.
A chiudere simbolicamente il percorso espositivo è l’artista coreano Nam June Paik. Con Swiss Flag, Red Cross, Paik rende omaggio alla Svizzera, creando una dinamica immagine caleidoscopica che sembra riflettere la vivacità e la varietà della scena artistica contemporanea svizzera.

I miti fondatori
Come noto l’identità nazionale svizzera è fondata sul paradosso dell’eterogeneità piuttosto che sull’omogeneità politico-culturale e linguistica. Più di ogni altro paese la Svizzera necessita di un collante “mitico” che deve essere continuamente alimentato sia a livello storico che quotidiano.
Così il patto del Rütli e la ritrata da Marignano -episodio che venne identificato come l’eroico e consapevole ritiro dei soldati elvetici dai conflitti internazionali e l’inizio della neutralità
del paese- attraverso le opere di Füssli e Hodler non vengono semplicemente raccontati ma acquistano nuovo vigore: la straordinaria modernità di questi indiscussi maestri rinnova il valore simbolico di questi episodi e li inserisce in una dimensione atemporale.
Accanto a queste opere di altissimo livello la mostra presenta oggetti scelti con un taglio antropologico, dal plastico che mostra la “culla della Confederazione” ossia la regione che dal praticello del Rütli e dal lago dei quattro cantoni si estende fino alla maestosa sagoma dei Mythen, fino ai ‘quadri musicali’ di inizio novecento che con musica e figurine animate ripetevano all’infinito le vicende di Gugliemo Tell e dei tre confederati.
Gli artisiti contemporanei propongono invece una visione ironica e disincantata delle storia come nel caso dell’opera realizzata da Relax (chiarenza & hauser & co), immagine capace di
mettere in discussione non solo il ruolo della donna nella recente storia svizzera ma anche un certo tipo di interpretazione politica attribuita ai dipinti di Hodler.

Silenzi e solitudini
Si può dire che per certi aspetti e pure, evidentemente, con grandi diversità formali Walter Kurt Wiemken e Alberto Giacometti raccolgano e conducano alle conseguenze più drammaticamente estreme, e anche più universali, l’esperienza esistenziale di quel “certo espressionismo” che si sviluppa in Svizzera tra il 1915 e il 1940: “un’inquietante passeggiata di solitari nella estraneità del mondo”, come ha scritto qualcuno. L’incomunicabilità, le allucinazioni delle immense solitudini metropolitane e di quelle vissute nell’ambiente ostile e disumano di rocce e burroni; l’isolamento ossessivo, la claustrofobia di una vita quotidiana abitudinaria che nasconde nella sua familiarità e intimità securizzante l’ambiguità di un tempo ciclico e ripetitivo col suo messaggio di morte.
Qualcuno accosta Le serre di Wiemken a Il palazzo delle quattro del mattino di Giacometti: ambienti labirintici dalle strutture trasparenti, eppure irrimediabilmente chiusi, come per lo scatto di una trappola, nell’attesa senza fine di un appuntamento permanentemente rimandato col tempo.
Ma certo è lo stesso appuntamento che implica la Figurine dans une boîte entre deux maisons, intenta a percorrere uno spazio che si rivela al tempo stesso chiuso e indefinito, perché speculari e intercambiabili sono i punti di partenza e di arrivo.

Armand Schulthess
Nel 1951 all’ età di cinquant’anni, Armand Schulthess abbandona il suo posto di funzionario federale presso il Dipartimento dell’economia pubblica per iniziare una nuova vita autarchica nella sua proprietà ticinese di Auressio. La scelta di Schulthess non è né passatista, né nostalgica e non ha niente di esotico. La sua è una rottura di ordine professionale, sociale e mentale. Fra i castagni e i vigneti che crescono rigogliosi nella tenuta crea il suo Giardino dell’Eden, un mondo utopico e, al tempo stesso delirante, nel quale organizza un sistema complesso di sentieri, passerelle, ponti, scale, punti di sosta e vedute panoramiche. Su questo territorio interviene direttamente attaccando, inchiodando e legando fra loro e agli alberi, alle pietre e ai muri centinaia di placche di latta recuperate da bidoni e barattoli per conserve. Le placche sono ricoperte di iscrizioni spesse e colorate, dipinte con un ferro da calza o un legnetto smussato alle quali si aggiungono in seguito anche cartoni e assemblaggi di fogli scritti a macchina e protetti da plastica trasparente.
L’universo fantastico di Schulthess non nasce ex nihilo nel 1951, la sua fuga non è improvvisa. Già da tempo il tranquillo funzionario federale raccoglieva e archiviava di nascosto tutta la documentazione necessaria alla realizzazione del suo ‘giardino della conoscenza’, assemblando e rilegando quanto raccolto in più di settanta libri. Questo materiale sarebbe servito come punto di partenza per l’elaborazione del suo universo, la sua creazione era premeditata nel segreto, nel silenzio, nella solitudine.
I testi trascritti e redatti in cinque lingue dall’ex-funzionario riguardano le discipline più disparate: dalla geologia all’astrologia, dalla lirica all’astronomia, dalla matematica alla letteratura, dalle scienze occulte ai problemi di cuore e di cucina, la sua ambizione sembrava essere quella di creare un’enciclopedia vivente e infinita. L’impressionante giardino ad un primo sguardo doveva apparire come un mondo labirintico, logorroico e caotico: una visione più attenta rivelava invece quanto l’ambiente creato fosse strutturato e rispondesse ad una sistematica precisa. Le iscrizioni sono spesso rivolte a potenziali lettori e dimostrano quindi una volontà di comunicare con il prossimo. Ciò appare tuttavia paradossale rispetto al suo comportamento: come gli abitanti del luogo ricordano, Schulthess si nascondeva e fuggiva da ogni potenziale interlocutore, aveva persino tagliato la sua linea telefonica; sentendosi inadeguato al dialogo convenzionale preferiva comunicare attraverso questo suo intricato sistema di “messaggi in bottiglia”.
Nella sua creazione Schulthess diventa demiurgo, riorganizza il cosmo e riordina il pensiero umano coniugando cultura e natura, spirito ed emozione, utilizzando la natura come supporto diretto della sua esperienza. La sua contestazione poetica è rimasta tuttavia lettera morta: nel 1972 muore per ipotermia in seguito alla caduta da una roccia. L’anno seguente le autorità ticinesi e gli eredi svuotano la sua casa di Auressio, bruciano e distruggono tutto quanto l’ex-funzionario aveva installato sul suo terreno. Solo grazie alla sensibilità di alcune persone affascinate dalla creazione di Schulthess alcune testimonianze del suo lavoro si sono salvate: numerose placche ricoperte di iscrizioni, diversi libri e un piano manoscritto della sua proprietà. Il documentario realizzato da Hans-Ulrich Schlumpf insieme alle fotografie di Theo Frey e Gérald Minkoff costituiscono le uniche prove dell’esistenza del giardino di Schulthess di cui oggi non resta nulla in situ.

Dada & co.
Nel corso del primo conflitto mondiale, Zurigo si afferma come teatro di una delle esperienze più importanti dell’arte del primo ventennio del Novecento e che più di altre avrebbe influenzato l’arte moderna fino ai giorni nostri, ovvero la nascita del movimento Dada. Fondato nel 1916 e animato da artisti come Jean Arp, Hugo Ball, Emmy Hennings, Richard Hülsenbeck, Marcel Janco, Francis Picabia, Hans Richter, Sophie Taeuber-Arp, Tristan Tzara, che fecero del Cabaret Voltaire la sede delle loro attività teatrali e performative, il gruppo allestì la sua prima mostra nel gennaio-febbraio 1917 presso la galleria di Han Coray, che sarebbe divenuta la sua sede espositiva.
Dada, con la sua rottura eversiva rispetto al passato, il rifiuto delle regole, l’inclinazione al disordine, alla casualità e all’ironia, è stato una forma di risposta collettiva al non senso della guerra nel contesto di un paese in cui, malgrado gli orrori che avvenivano al di fuori dei suoi confini, si viveva una quotidianità tutto sommato normale. Con la fine della guerra e la progressiva partenza di quei protagonisti che fecero di Zurigo un punto di riferimento della cultura d’avanguardia, quell’eccezionale dinamismo e quello spirito internazionalista che attraversarono la Svizzera
sull’arco di un quadriennio andarono progressivamente affievolendosi.
Solo a partire dagli anni settanta in poi si avverte il desiderio di dare uno scossone allo status quo elvetico attraverso atteggiamenti nei quali si possono ravvisare dei legami con lo slancio sovversivo Dada: le frasi dirette e incisive di Ben, i ‘tableaux piège’di Spoerri o ancora le macchine disordinate di Tinguely e le imprevedibili performance di Roman Signer riprendono in parte l’atteggiamento mentale dadaista riuscendo a farci riflettere con ironia sulla realtà che ci circonda.

Made in Switzerland
Precisione, qualità della forma e dei materiali, durata nel tempo, funzionalità, sono alcune delle caratteristiche di oggetti di uso quotidiano, frutto di una straordinaria creatività e inventiva che hanno reso il design svizzero famoso nel mondo. A distinguere i tessili, i mobili, la tipografia, gli utensili prodotti in Svizzera è la razionalità accompagnata da grandi idee, la fusione fra tecnologia avanzata e tradizione artigianale, ma anche la presenza di una cultura alta della forma unita spesso ad una dimensione giocosa e lievemente ironica. Enigma Helvetia propone, quale tesoro da custodire in luogo sicuro, alcune fra le più brillanti realizzazioni del design svizzero: le cerniere Riri più tecnologiche, realizzate per Alinghi; il “caso” Swatch e i suoi prototipi; il modesto e preziosissimo pelapatate Rex; le pinzette Rubis, metafora tangibile della precisione svizzera; il celebratissimo coltellino svizzero; la borsa Freitag divenuta rapidamente vero e proprio oggetto di culto.

Bill e Tinguely: precisione e follia
Diversamente dagli stereotipi consolidati per i quali la Svizzera è sinonimo di ovattata armonia e di felpate integrazioni etnico-culturali quanto di flemmatiche alchimie politiche, al contrario essa si rivela un paese di grandi contraddizioni anche drammatiche, insomma proprio come il resto del mondo. Quegli stereotipi prendono spunto, tra l’altro, da un certo esotismo pittoresco che riguarda la manutenzione e la pulizia delle sue città, la cura miniaturistica del territorio e, più in generale, la precisione, vero valore culturale che, coniugandosi con la propensione alla miniatura, con una indubbia genialità tecnologica e una coraggiosa imprenditorialità, ha reso famosa la Svizzera per la sua produzione micromeccanica.
Ma anche le contraddizioni riemergono continuamente. Pensiamo soltanto alla specificità di un paese aggregato non sulle omogeneità ma su vere e proprie incongruenze culturali e linguistiche. Pensiamo al rapporto antitetico fra dimensione della Storia e dimensione della vita quotidiana ma anche ad altri dualismi come cosmopolitismo e localismo, innovazione e tradizione, accoglienza e xenofobia ecc.
Così potremmo trovare una relazione metaforica assai stretta fra le creazioni di un artigiano–artista orologiaio come Walther Signer, che in anni di lavoro manuale realizza affascinanti orologi cosmici o una pendola meccanica a precisione “elettronica”, e gli artisti dell’arte concreta, intenti a cogliere una rigorosa, essenziale astrazione geometrica di ritmi concettuali, di forme e di colori.
Ma ecco, proprio in antinomia con l’immaginario della precisione e del nitore della funzionalità tecnologica, gli sberleffi meccanici delle fragorose e squinternate macchine di Jean Tinguely. Concepite nel paese dei gioielli micromeccanici, queste sue “macchine celibi” introducono un dubbio corrosivo sulla stessa razionalità tecnica occidentale: geniale proseguimento dei sacrilegi pseudo-scientifici (“patafisici”) di Marcel Duchamp.

Miniaturizzazioni
Small is beautiful potrebbe essere il motto di questo piccolo paese incastonato nel miocardio roccioso dell’Europa. In effetti la percezione di una realtà miniaturizzata la offre prima di tutto il paesaggio: ai piedi di informi, imponenti, a volte colossali meteoriti di roccia e di ghiaccio, i fienili, le fattorie di legno crivellate di finestre minuscole, gli châlets con le leggendarie cataste di legna a mosaico perfetto, i villaggi, i nastri perfettamente stirati di strade e viottoli: tutto ciò sembra appartenere a un “plastico”, a una riproduzione a scala ridotta. Gran parte del paesaggio svizzero provoca una sorta di vertigine dimensionale.
Qui, ciò che appare “più piccolo” comporta anche una produzione di cose “ordinate e pulite”, un’abbondanza di “leggiadro” e di pittoresco conservato per l’eternità.
Tempo ed eternità si intrecciano nel prodotto-archetipo del lavoro svizzero, l’orologio: un manufatto che concentra una grande quantità di energia ideativa e lavorativa nella minore quantità possibile di materia prima. Inoltre, nei meccanismi e nei ritmi minimi dell’orologio si incontrano tradizioni di abilità artigianali e grandi innovazioni tecnologico-produttive. Sul quadrante analogico tornano e ritornano le ore di una vita quotidiana ripetitiva, ma estetizzata, ritualizzata, coltivata come un bonsai: una miniatura domestica del tempo, preservata dalla invasiva monumentalità della grande Storia.
Anche i merletti di San Gallo o i ritagli di carte del Pays-d’en-Haut o le figurine sulle teste delle maschere di Urnäsch testimoniano la poesia e l’intimità anche un po’ claustrofobica del “tempo minore” della quotidianità.

Attività educative per le scuole
PERCORSI GUIDATI E ATTIVITÀ IN ATELIER


Appositamente studiate per distinte fasce d’età, le visite sono curate da animatrici museali e prevedono percorsi guidati all’esposizione, seguiti da attività di sperimentazione pratica in atelier (durata 1h30 – 2h).

Scuole dell’infanzia (dai 4 anni):
• Museo Cantonale d’Arte: “Una Montagna di triangoli!”
Attraverso l’osservazione di una scelta mirata di paesaggi, nei quali l’elemento dominante è la Montagna, i bambini saranno stimolati al riconoscimento delle forme e dei colori. In atelier, ogni bambino si cimenterà nella raffigurazione di un “paesaggio montano” attraverso un collage di forme triangolari sovrapposte e realizzate in carta velina, che rievocano la sagoma delle montagne.

• Museo d’Arte: “Le sagome di Guglielmo Tell”
Un’immagine patriottica con meccanismo musicale a cilindro servirà da spunto per narrare la storia del mitico Guglielmo Tell. Il percorso sarà arricchito dall’osservazione di altri automi musicali e da ritagli di carta, che raffigurano sagome di paesaggi svizzeri. In atelier, i bambini realizzeranno un disegno a partire da silhouette che rievocano la storia dell’eroe elvetico per eccellenza.

Scuole elementari, I Ciclo:
• Museo Cantonale d’Arte: “Dentro la Montagna”
Durante il percorso guidato, che si soffermerà in particolare sui paesaggi, i bambini saranno stimolati all’osservazione dei diversi modi utilizzati dagli artisti svizzeri per rappresentare la Montagna. In atelier, ogni bambino realizzerà, dopo averlo progettato, il proprio paesaggio montano tridimensionale utilizzando vari materiali di recupero.

• Museo d’Arte: “Ritagli di Svizzera”
Il percorso guidato prevede l’osservazione e l’analisi di opere che rappresentano in modo emblematico miti e tradizioni svizzere. La visita terminerà nella sala dedicata ai ritagli di carta raffiguranti dei paesaggi tipici, ispirandosi ai quali, in atelier, i bambini realizzeranno un collage di sagome colorate, attraverso cui svilupperanno la loro idea di Svizzera.

Scuole elementari, II Ciclo:
• Museo Cantonale d’Arte: “In vacanza da Heidi”
Il percorso guidato prevede l’osservazione e l’analisi di opere nelle quali l’elemento dominante è la Montagna, intesa come luogo di svago e di villeggiatura ma anche come luogo ideale di vita in armonia con la natura. In particolare saranno esaminati i manifesti pubblicitari dell’inizio del XX secolo, da cui i bambini prenderanno spunto per cimentarsi in atelier con la creazione di un manifesto che rappresenti il loro luogo ideale di vacanza in montagna.

• Museo d’Arte: “Made in Switzerland: progetto di un oggetto”
Il percorso guidato si soffermerà su alcune opere che rappresentano in modo significativo la creatività della Svizzera moderna (oggetti di design, installazioni, sculture, automi musicali….). In atelier, sulla base di quanto visto in mostra, i bambini progetteranno e realizzeranno un oggetto “svizzero” di loro invenzione.


VISITE GUIDATE E PERCORSI TEMATICI

Scuole medie inferiori e superiori
Oltre ai percorsi guidati classici, che illustrano il concetto generale della mostra, sarà possibile visitare l’esposizione esplorando un tema particolare. Durante la visita, il cui grado di approfondimento varierà a seconda dell’età, i ragazzi saranno coinvolti in prima persona nella discussione (durata 1h).

• Museo Cantonale d’Arte:
-“L’invenzione del paradiso: origine ed evoluzione del mito della Montagna”
Nell’ambito dell’orizzonte artistico elvetico, il percorso indagherà l’origine e l’evoluzione del mito della Montagna da luogo misterioso e sacro, a meta ideale della villeggiatura e del distacco dalla frenesia quotidiana dei centri urbani, dove l’uomo può esercitare il proprio desiderio di controllo sulla natura.
-“Mitologia e scienza nell’idea della Montagna”
Il percorso si soffermerà sugli aspetti legati alla sacralità della Montagna e alla sua dissacrazione tramite gli strumenti di ricerca geologica, scientifica e botanica, terminando con uno sguardo sulla trasformazione del paesaggio alpino ad opera degli interventi umani.

• Museo d’Arte:
-“Svizzera: bisogno di tradizione e voglia di modernità”
Nell’ambito dell’orizzonte artistico elvetico, il percorso indagherà il forte attaccamento alla tradizione che si manifesta in modo evidente in molte opere esposte, al quale si affianca e talvolta si contrappone una profonda ricerca di innovazione e modernità.
-“Rigore e rivolta: la società entra nell’arte”
Il percorso porrà l’attenzione sulla presenza, nell’arte elvetica, di una ricerca di rigore che ricalca lo stereotipo della precisione svizzera, a cui si contrappone la spinta a rompere gli schemi della tradizione e dell’ordine sociale.

doMenicA – VISITA GUIDATA PeR SInGoLI VISITAToRI

Appuntamenti per i bambini e le famiglie

TUTTE LE DOMENICHE
visita guidata unica ad entrambi i musei (in italiano)
Museo Cantonale d’Arte inizio ore 14.30
Museo d’Arte Moderna continuazione della visita ore 16.30
durata della visita circa 1 ora per ogni museo
visita guidata al singolo museo (in italiano)
Museo Cantonale d’Arte inizio ore 14.30
Museo d’Arte Moderna inizio ore 16.30
durata della visita circa 1 ora
Iscrizioni entro le ore 12.00 del giorno della visita guidata.

11 MAGGIO 2008
ORE 14.30 al Museo Cantonale, 16.30 al Museo d’Arte
«REGALA ALLA MAMMA UNA GITA PER MUSEI»
bambini: Fr. 5/€ 3 per il singolo museo; Fr. 10/€ 7
adulti: Fr. 17/€ 11 per il singolo museo; Fr. 28/€ 19
Prenotazione obbligatoria

17 MAGGIO 2008
DALLE 20.30
«NOTTE DEI MUSEI»
Visite guidate e attività didattiche gratuite
Prenotazione obbligatoria

15 GIUGNO, 2 LUGLIO, 9 LUGLIO 2008
ORE 14.30
«UN POMERIGGIO AL MUSEO»
Attività didattica dedicata ai piccoli (6-10 anni)
Prenotazione obbligatoria: Fr. 5/€ 3
Eventi Collaterali

Musica

DOMENICA 4 MAGGIO 2008, ORE 17.30
OGGImusica
sCHpillit. Voce recitante: Franziskus Abgottspon
Presso l’Auditorio Stelio Molo, RTSI Lugano-Besso
www.oggimusica.ch

VENERDÌ 9 MAGGIO 2008, ORE 20.30
OGGImusica
Orchestra della Svizzera italiana diretta da Olivier Cuendet
Presso l’Auditorio Stelio Molo, RTSI Lugano-Besso
www.oggimusica.ch

MARTEDÌ 13 MAGGIO 2008, ORE 21.00
The Franco Ambrosetti - Fredy Studer sextet plays wayne shorter
Presso il Metrò Club Lugano
www.agendalugano.ch

Cinema

Rassegna cinematografica proposta dal LuganoCinema93
Presso il Cinema Iride di Lugano

GIOVEDÌ 24 APRILE 2008 ORE 20.30 Höhenfeuer di Fredi Murer, 1985
MARTEDÌ 29 APRILE 2008 ORE 20.30 Il fuciliere Wipf di Leopold Lindtberg, 1938
GIOVEDÌ 8 MAGGIO 2008 ORE 20.30 L’invitation di Claude Goretta, 1973
GIOVEDÌ 15 MAGGIO 2008 ORE 20.30 Derborence di Francis Reusser, 1984
MARTEDÌ 20 MAGGIO 2008 ORE 20.30 Do it di Sabine Gisiger e Marcel Zwingli, 2000
GIOVEDÌ 5 GIUGNO 2008 ORE 20.30 Gli ultimi contadini di Prugiasco di Remo Legnazzi, 2008

SABATO 17 MAGGIO 2008
NOTTE DEI MUSEI ORE 17.30 Grünigers Fall di Richard Dindo, 1997

VENERDÌ 30 MAGGIO 2008
NOTTE DEL CINEMA SVIZZERO

ORE 18.00 San Gottardo di Villi Hermann, 1977
ORE 20.30 Beresina di Daniel Schmid, 1999
ORE 22.30 Die Schweizermacher di Rolf Lissy, 1978
 

Come raggiungere Lugano e spostarsi tra le due sedi espositive

IN TRENO
Da Milano ci sono treni per Lugano (direzione Zurigo, Basilea, Stoccarda, Dortmund) ogni ora, ai minuti 25.
Dalla Svizzera ogni ora treni diretti per Lugano, informazioni su www.ffs.ch

Biglietto combinato RailAway (viaggio in treno ed entrata)
Biglietto combinato con una riduzione del 20% sul viaggio in treno, sul trasferimento e sull’entrata ottenibile dal 1° aprile 2008 alla stazione di partenza oppure telefonando al Rail Service 0900 300 300 (CHF 1.19/min.).
Ulteriori informazioni su http://www.railaway.ch/italiano/arte-cultura

Per raggiungere il Museo Cantonale d’Arte dalla stazione ferroviaria di Lugano è possibile usufruire del trasporto in funicolare (CHF. 1.10 la corsa). Dall'arrivo della funicolare 5 minuti a piedi in direzione del Quartiere Maghetti.
Per raggiungere il Museo d'Arte, Riva Caccia 5, partendo dal Museo Cantonale d’Arte prendere il bus numero 1 – direzione Paradiso (fermata Piazza Manzoni) e scendere alla fermata Malpensata.

Per raggiungere il Museo d'Arte dalla stazione ferroviaria di Lugano è possibile usufruire del trasporto in funicolare (CHF. 1.10 la corsa) e poi proseguire con il bus numero 1 (CHF. 1.60) e scendere alla fermata Malpensata.
Per raggiungere il Museo Cantonale d'Arte, Via Canova 10, partendo dal Museo d’Arte prendere il bus numero 1 – direzione Al forte (fermata Malpensata) e scendere alla fermata Piazza Manzoni.

IN AUTO
Da Milano: autostrada A9 dei Laghi, direzione Como-Chiasso oppure autostrada A8 direzione Varese-Stabio. Uscita consigliata Lugano-Sud.

Si ricorda che per percorrere le autostrade svizzere è necessario essere muniti di vignetta autostradale da applicare sul vetro dell’auto (costo CHF. 40.-), che deve essere acquistata alla dogana.
Senza vignetta è obbligatorio uscire dall’autostrada a Como Monte Olimpino (seconda uscita di Como), passare la dogana a Ponte Chiasso (2 Km dall’uscita autostradale) e quindi percorrere la Strada Cantonale per Lugano.
Nei pressi del Museo d'Arte, situato sul lungolago, è disponibile l'autosilo Central Park (costo di c.a. CHF. 2.- all'ora). La cassa è automatica ed è possibile pagare unicamente in Franchi svizzeri.

IN AEREO
Da Roma, Londra, Parigi, Berna e Ginevra, tutti i giorni voli diretti con Darwin Airline su Lugano Airport.
Servizio di bus navetta in corrispondenza con i voli per il centro città.

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PRESENTAZIONE

SITEMAP

http://www.masilugano.ch/

www.museo-cantonale-arte.ch




ADHIKARA ART


























 

Adhikara Art Gallery
updated 18.11.23