Lea e Hans Grundig

 



Sonja Markus Salati

Hans e Lea Grundig Langer

Sonja Markus
Salati

Alla gallaeria d'arte
"Il Clautro" di Porza

nel 1970
 

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Lea e Hans Grundig
Di Vinicio Salati


Hans e Lea Grundig Langer sono stati ospiti del nostro paese nel lontano 1936, quando cioè il nazismo cominciava a imporre in Germania il suo pesante giogo. Già da tempo l'arte dei due artisti di Dresda, della scuola di Otto Dix all'Accademia delle arti, rifletteva lo spirito dei ribelli a un mondo che stava marciando verso la guerra e la rovina.

La prova la troviamo appunto in queste incisioni che sono ora esposte a Porza e che ci parlano di quel mondo di lotte e di miseria. Un canto per i poveri, per i derelitti, un canto di solidarietà umana. Mentre in Lea Grundig Langer vi era una maggiore aderenza alla realtà della vita nel suburbio, tra il proletariato (e ne fanno fede i suoi ritratti di madri, di bambini,
di giardini d'infanzia - per modo di dire - di operai e di amici nelle pene e negli affanni), i lavori di Hans Grundig hanno un senso premonitore di disperazione e di distruzione biblica. L'anima dell'artista (ora scomparso dopo aver sofferto 10 anni nei campi di concentramento, e che alla liberazione poté riprendere per poco la sua luminosa attività) vibrava di presentimenti. Ricordiamo di averlo invitato allora a non rientrare, ma a cercare rifugio da noi o in altri paesi. Ha preferito andare incontro al suo destino con una inesorabilità disperata. La sua umanizzazione degli animali - soprattutto cani - rinchiusi in recinti e affamati, di cavalli imbizzarriti, ci fa pensare a essere dotati di parola e di pensiero, non a quadrupedi soggiogati dall'uomo. I suoi interni sono fatti di sogni come la secchia che cammina da sé o la scopa che allevia il lavoro della donna delle pulizie, i giochi dei bambini nel suburbio, i ritratti di qualche amico, le tempestose visioni delle città imbandierate e nei cui cieli s'incrociano i caccia della Wehrmacht, sembrano incisi come ammonimento da una Cassandra moderna, sbeffeggiata e ridicolizzata da tutti, ma pur sempre più aderente alla realtà di quanto non lo fossero gli struzzi della politica e dell'arte che allora lavoravano nell'illusione. Hans e Lea Grundig Langer, con la loro presenza alla mostra
di Porza, ci fanno rivedere il cammino dell'umanità in questi ultimi decenni e ci ripropongono alla meditazione dei temi che purtroppo non sono ancora stati chiaramente e positivamente risolti.

                                                                  
Vinicio Salati

 

 

Sonja Markus Salati
Di Luciana Caglio

Sonja Mark
us, insieme con i due Grundig, che le furono uniti da una lunga amicizia, scaturita dalla stessa profonda partecipazione agli affanni di un'epoca drammatica, espone al "Claustro" di Porza, Sonja Markus. Ed è quindi un'occasione preziosa, da valutare anche su un piano umano, questo nuovo incontro con un artista, che lavora in un suo assennato riserbo, in un suo ben difeso raccoglimento. Il che non significa refrattarietà nei confronti del mondo, delle sue suggestioni, dei suoi motivi di intenerimento, di riflessione o di preoccupazione.
La pittura di Sonja Markus non è, a dispetto di certe sue apparenze, piacevolezza, non è divertimento, espresso abilmente con colori, con masse in movimento, con paesaggi evanescenti. Anzi, e proprio quest'ultima mostra sembra offrirne una testimonianza inequivocabile, nei quadri di quest'artista è presente più che mai un'esperienza umana, qualche volta ai limiti dell'angoscia.
Non sempre la pittrice riesce e vuole staccarsi dal mondo reale per penetrare e isolarsi, in condizioni di totale abbandono, in quel suo universo tutto d'invenzione fiabesca, in quelle visioni sfumate dove personaggi, architetture, natura si fondono con perfetta coerenza. Adesso, molte volte, i suoi colori si fanno allarmanti, gli stessi paesaggi si caricano di presagi, i cieli diventano una specie di incubo che grava sulla terra. Almeno così simile a un inquietante avvertimento, abbiamo interpretato uno dei suoi ultimi paesaggi affidato a dei blu, a dei viola, a dei verdi di una singolare intensità, e capaci quindi di aprire una visione quasi apocalittica delle cose.
Altre volte, invece, il colore si placa, e si accentua un'impressione quasi surrealista, nella marea, per esempio, dove le case sembrano emergere al di sopra delle acque, e destinate a rimanere per sempre lassù. Naturalmente gli influssi che hanno sempre guidato il lavoro di quest'artista, come il gusto e la comprensione per il mondo orientale, il senso ritmico del movimento, l'importanza del paesaggio animato da figure che gli appartengono indissolubilmente, soprattutto la sensibilità per il colore, continuano a prevalere anche in queste ultime opere. Tuttavia nuovi fermenti e nuovi assilli trapelano oramai, da questa pittura capace più che mai di trasmettere un messaggio. E che, quindi, non si accontenta più di piacere e di affascinare, ma fornisce anche una densa materia di riflessione.
                                                           
Luciana Caglio

 

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updated 01.05.21