Titolo |
Il principio
dell'amore |
Autore |
Brennan Maeve
|
Dati
|
2006, 245 p.,
brossura |
Traduttore |
Arduini A.
|
Editore |
BUR Biblioteca
Univ. Rizzoli
(collana Scrittori contemporanei) |
In
sintesi
In questi sei racconti Brennan, pur mantenendo il suo stile inconfondibile,
si affianca alle atmosfere che hanno eletto a miti narrativi Cheever e
Carver: sono storie di mariti e mogli prigionieri di matrimoni senza amore,
coppie che spartiscono livida solitudine sottaciuta, incapaci di parlarsi e
di capirsi, vittime di idiosincrasie, di famiglie marmorizzate nella norma
sociale, percorsi interiori di personaggi complessi e tormentati, incapaci
di sfuggire alle convenzioni sociali e all'ipocrisia della religione.
Torna, ancora una volta nelle edizioni della "Bur" rinnovata, l'irlandese
Maeve Brennan, che aveva colpito nel 2005 le fantasie dei lettori, e dei
critici, grazie allo splendido profilo che la ritraeva in copertina.
Astutamente la nuova raccolta propone una sua – ancora più elegante –
immagine e un'interessante prefazione di William Maxwell, illustre editor
del "New Yorker", talent scout ante litteram e grande amico della stessa
Brennan. Come se non bastasse, lo strillo in copertina riporta una frase
celebrativa di Alice Munro, scrittrice di soli racconti (come Brennan), che
negli ultimi anni ha conquistato in Italia una grande notorietà.
Una volta tanto le cose si tengono insieme: è evidente che a una narratrice
di relazioni non poteva sfuggire Il principio dell'amore. Non solo perché i
racconti indagano nelle articolazioni di due matrimoni, non solo perché
mettono in scena i movimenti e il mistero di due donne, di due mogli, Rose e
Dalia, incapaci di darsi un'identità al di fuori del fazzoletto di terra
coltivato davanti alle loro case, e infine non solo perché entrano nel
monologare spietato dei loro rispettivi mariti, ma soprattutto perché la
linea della scrittura segue fedele, piatta e come inerte, lo svolgimento
delle loro vite. Se al principio, se nel momento della decisione, nel
ricordo sembra esserci stata una ragione perché le vite di queste coppie si
unissero, nel tempo si sono senz'altro affievolite. Le reciproche fiducie
tradite da volontà contrastanti e da un uso ostinato del silenzio. Basti
pensare al goffo tentativo del marito di Rose che, per consolarla della
mancanza del figlio (diventato prete), le porta una sera a casa un
ingombrante giacinto in boccio. O si vada all'episodio in cui il marito di
Dalia, la sera del dodicesimo anniversario di matrimonio, rompe
accidentalmente il vaso di fiori che la moglie aveva sistemato nella camera
dove da tempo si era rifugiato per restare solo. Avvenimenti minuti,
minutissimi, che tanto piacerebbero a Alice Munro, appunto, che però non
servono a sovvertire la direzione della vita. Donne e uomini privi di
destino, quasi incapaci di sofferenza, che appena percepiscono la presenza
altrui da una porta aperta, o chiusa per sempre. "Come poteva rimpiangere
qualcosa che non riusciva a definire, o dolersi per una cosa scomparsa senza
lasciare tracce? Era proprio così: lei non aveva lasciato tracce".
Scritti tra il 1962 e il 1972 e pubblicati sul "New Yorker", i racconti di
Maeve Brennan stupiscono per la convenzionalità con cui sono scritti, per la
scelta del tutto indifferente agli sperimentalismi. Grazie a questa loro
speciale qualità di essere fuori moda, fuori tempo, acquistano la grazia
dell'inattualità. E illuminano il lettore su una personalità di
intellettuale, nata a Dublino ma trasferitasi assai presto in America, che
svolse una lunga attività di giornalista di moda e di cultura, prima per
l'"Harper's Bazar" e poi per il "New Yorker", in un tempo in cui, fra le
recensioni non firmate, comparivano anche quelle di W.H. Auden.
Camilla Valletti |
Titolo |
La visitatrice
|
Autore |
Brennan Maeve |
Dati
|
2005, 109 p.,
brossura |
Traduttore |
Arduini A.
|
Editore |
Editore BUR
Biblioteca Univ. Rizzoli
(collana Scrittori contemporanei) |
In
sintesi
La ventenne Anastasia, orfana di entrambi i genitori, torna nella Dublino
della sua infanzia. La aspetta la nonna, consacrata all'ossessiva memoria
del passato, chiusa in un dolore freddo, ancora incapace di perdonare
Anastasia che aveva scelto, alla separazione dei genitori, di seguire la
mamma a Parigi. In equilibrio tra amore distorto e amore respinto, crudeltà
delle situazioni e tersa limpidezza dei dialoghi, si dispiega tra le due
donne un duello di sentimenti tanto intensi quanto controllati, che si snoda
fino a un epilogo malinconicamente inatteso, una svolta orchestrata con
spietata eleganza. |