A.C.E.I.
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Contributi alla
preparazione del Convegno Varesino: "Autismo ed educazione" data provvisoria 6 novembre 2000 AUTISMO Ida Basso e Romeo Lucioni Riflettere sullautismo non è solo indagare sulle disabilità, bensì capire di essere di fronte ad una persona, perché anche la somma di tutte le disabilità non può essere considerata "perdita di umanità". Se ci fermiamo a considerare il "mancante", usiamo un criterio quantitativo, proprio del computo di oggetti, assolutamente inaccettabile riferito agli esseri umani. Solo attraverso criteri qualitativi, è possibile differenziare tra salute e malattia, tra felicità ed infelicità. Se lautismo, quantitativamente, è definibile come incapacità a relazionarsi ed a comunicare, ad organizzare il linguaggio, a fissare concetti o ad esteriorizzare affetti, possiamo anche affermare che la società e gli uomini che la costituiscono soffrono anchessi di . "autismo sociale". Abituarsi a vedere la sofferenza senza reagire, a guardare la miseria senza compiangere non è meno autistico del comportamento di un bambino con questa disabilità. Lanaffettività, lipocrisia, labitudine al dramma, il daltonismo etico che affliggono la nostra società sono da considerarsi alla stregua della "malattia dellindifferenza". Se consideriamo luguaglianza e la differenza come espressioni di umanità, al contrario, lindifferenza è qualcosa di spurio e veramente temibile. Sebbene in ogni bambino, così come in ogni persona, possiamo individuare espressioni autistiche (giocare con una matita, ripetere disegni ossessivi mentre ascoltiamo, evitare di calpestare le linee del pavimento, dondolarsi mentre si aspetta, ecc.) o momenti di isolamento in diverse circostanze, è semplicistico pensare che un Insegnante possa affrontare il vero autismo. Integrazione scolastica Nellaffrontare il tema di alunni con necessità educative speciali, la prima domanda che ci poniamo è: si può o non si può? La scuola non è neppure preparata ad accogliere e ad occuparsi adeguatamente di bambini affetti da patologie psichiche ed inoltre, nella struttura scolastica attuale, non cè una "storia" di interazione tra educazione e terapia. Di fronte ad una problematica tanto importante che presuppone disturbi di comportamento, difficoltà di apprendimento, blocco dello sviluppo psico-mentale, la semplice domanda si può o non si può? pone numerosi quesiti:
A INSERIMENTO In primo luogo bisogna riconoscere la necessità di rispettare i seguenti criteri:
La scuola dovrebbe innestarsi in un programma terapeutico-assistenziale già predisposto ed iniziato negli anni precedenti letà scolare.
B QUALI INNOVAZIONI EDUCATIVE Tenuto conto che i bambini autistici non possiedono ancora una struttura mentale e psico-affettiva in grado di seguire uno svolgimento curricolare stabilito dai programmi, è necessario, per ogni caso, "disegnare" , con laiuto dello staff terapeutico, un percorso che miri non allapprendimento, ma esclusivamente allinserimento-integrazione. Lintervento dellinsegnante di sostegno è un mezzo importantissimo per fare da trait de uniòn tra i miglioramenti osservati nel setting terapeutico e gli obiettivi parziali che, così, diventano raggiungibili. In questa fase la programmazione deve centrarsi su:
Questa tappa innovativa è forse la più importante e richiede una costante supervisione per linsegnante di sostegno che è sottoposto a stress e al pericolo di burn-out. In Spagna, nel Paese Vasco, sono stati approntati equipes multiprofessionali, servizi di appoggio esterni ai centri educativi e strutturati piani di formazione professionale per consultori, ausiliari, insegnanti di sostegno e logopedisti con il fine di assicurare una assistenza individualizzata in un normale centro di studi. In questo modo lambito educativo si trasforma nel primo scalino per lintegrazione sociale. Questo modello però non è sicuramente lunico e, comunque, struttura un processo che sovverte la scuola tradizionale nella quale si ha la pretesa di introdurre elementi non strettamente educativi: è come adattarsi alla disabilità facendola "propria". Noi pensiamo che la scuola, al contrario, non debba perdere la sua caratteristica , di centro per leducazione di comunità educativa, demandando la terapia vera e propria ai centri specializzati. Si tratta di creare una "nuova scuola" capace di canalizzare e coordinare gli sforzi di dirigenti, insegnanti, alunni, genitori, identificati in una "istituzione educativa" sostenuta da ideali di solidarietà. I ragazzi autistici, per esempio, seguiranno le terapie nelle strutture idonee a sviluppare i pre-requisiti necessari per una buona integrazione. I terapeuti dovranno partecipare allindirizzo formativo-educativo, apportando le loro osservazioni ed i consigli che riterranno opportuni, senza prevaricare il ruolo dei docenti. Questo punto ci sembra importantissimo proprio perché "la difesa del ruolo dellinsegnante" costituisce la dimensione di riferimento e di O.K. di cui il bambino abbisogna; infatti la confusione dei ruoli porta, nella mente dellalunno un disordine che non gli permette di raggiungere la sua indipendenza psico-mentale e il suo ruolo di persona libera ed autonoma. Ribadendo questo concetto, siamo anche contrari alleccessiva ingerenza nella scuola dei genitori, che mina il ruolo dellinsegnante. L O.K. del docente deve essere rispettato e mai confuso o messo in discussione, proprio perché il bambino in generale e quello autistico in particolare deve trovare lì un momento di sostegno, di riferimento e di identificazione per poter costruire le basi di un suo rinnovato narcisismo positivo. C Obiettivi educativi devono essere modificati costantemente perché devono adattarsi alle possibilità psico-mentali dellautistico. Va sempre ricordato che il cognitivo non si sviluppa senza il supporto dellaffettivo, cioè, come dice S. Greenspan " il bambino intelligente è frutto delle esperienze emotive e sociali", o, come dice S. Pedota, " gli avvenimenti psichici sono sempre incompleti; si completano al cospetto e nellinterazione con laltro". Infatti il cervello basa la sua intelligenza, la sua capacità di "strutturare nuove istallazioni", nelle esperienze sociali ed emotive e non nellattività cognitiva ed educativa. Lasserzione che lapprendimento basato sul cognitivo produce un alunno intelligente o migliore è decisamente sbagliata: un bambino con capacità intellettive buone diventerà intelligente, solo se avrà esperienze sociali ed emotivo-affettive ricche e valide. Le nuove teorie, infatti, basano lintelligenza forse più sul Q.E. (quoziente emotivo) che sul più noto Q.I. (quoziente intellettivo). D La programmazione Gli obiettivi saranno stabiliti sempre a breve termine tenuto conto della possibilità di passare a medio e a lungo termine solo sulla base dei risultati. Non bisogna frustrarsi di fronte ai fallimenti, perché questi rispondono anche ai bisogni del bambino autistico che, a volte, deve frenare lo sviluppo perché ogni cambiamento genera in lui due reazioni di angoscia: quella legata a ciò che perde e quella determinata dal non sapere cosa laspetta poi. Il tempo curricolare deve anche basarsi sulla possibilità di trattenere il bambino nella scuola elementare per due anni in più e, in questo caso, non è determinante il cambiamento dei compagni, sempre che linsegnante di sostegno sia lo stesso. E Laccettazione dei compagni Avviene sempre con laspetto della "adozione" e, quindi, è determinante non che il disabile risulti uguale, ma che sia capace di partecipare almeno ai giochi, alle corse, al divertimento del gruppo. In questa ottica il primo obiettivo degli insegnanti deve essere quello che il disabile "non disturbi". Questo si ottiene non con il contenimento o con la costrizione, ma attraverso lo sviluppo di un senso di autovalorizzazione. La "comunicazione intenzionale a doppio senso", che rappresenta linizio della comunicazione a feed-back, può servire a questo scopo, oltre che ad incentivare la presa di coscienza del sé, come capace di assumere delle iniziative e, quindi, delle responsabilità. Il contenimento della frustrazione (frutto della debolezza dell Io e della conseguente regressione egocentrico-onnipotente) permette così di proporsi come "soggetto sperimentabile". F Lintegrazione scolastica avverrà per gradi, a passi piccoli, ma continuativi. Tutte le persone che partecipano alleducazione del bambino autistico devono fare proprio il vero significato del termine "integrazione"; il bambino deve trovare il suo posto ed il suo ruolo. Sottolineiamo canche che la scuola non deve offrirgli delle "preferenze" adeguandosi ad esso, bensì deve integrarlo. Prima di tutto bisogna sviluppare le possibilità comunicative, poi quelle dellintegrazione gruppale; solamente dopo si potranno programmare obiettivi di vero apprendimento per materia, sempre sotto una osservazione attenta, unanlisi dei risultati, un contenimento delle ansie degli insegnanti che non devono sentirsi frustrati se non raggiungono la meta prefissata. È imprescindibile che, in questi casi, la qualità dellintervento non si misura sui risultati, ma sul metodo e sul controllo della situazione psico-mentale e psico-relazionale dello scolaro-paziente-autistico. I risultati dellapprendimento, anzi, saranno sempre veicolati dalla socializzazione; bisogna cercare di sviluppare il rapporto sociale facendo uscire lautistico dal rapporto a due, per passare al lavoro in piccoli gruppi ed arrivare alla partecipazione con tutta la classe. IN 1° PAGINA: PRESENTAZIONE ACEI IN 2° PAGINA: PRESENTAZIONE ACEI IN 3° PAGINA: GIORNATA DI STUDIO SULLE DINAMICHE EDUCATIVO-FORMATIVE E DI APPRENDIMENTO CONNESSE ALLE PROBLEMATICHE PSICOPATOLOGICHE DELLINFANZIA IN 4° PAGINA: VERBALE DELLA RIUNIONE TENUTA IL GIORNO LUNEDÌ 17 GENNAIO 2000 DAL GRUPPO DI LAVORO PER LA PREPARAZIONE DEL SIMPOSIUM VARESINO SULLEDUCAZIONE E LA PSICOPATOLOGIA IN
5° PAGINA; CONTRIBUTI ALLA PREPARAZIONE DEL CONVEGNO VARESINO
IN 6°
PAGINA: PRESUPPOSTI PER UNA "BUONA
RELAZIONE MENTALE". IN 7°
PAGINA : CONTRIBUTI ALLA PREPARAZIONE DEL CONGRESSO |
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