Biagio Altomare

Biagio Altomare

Biagio Altomare è nato nel 1957 a Luzzi (Italia). Dopo aver conseguito la maturità alla sezione di architettura del liceo artistico di Cosenza, si trasferisce a Bologna, dove, consegue, nel 1980, il diploma di scultura presso l’Accademia di Belle Arti. Nel periodo bolognese si confronta con la grafica e la scultura, in particolare in pietra, bronzo e rame. L’incontro, a partire dal 1984, con la natura aspra e rigogliosa delle prealpi ticinesi riorientano significativamente la sua ricerca artistica: nasce un intenso periodo di lavoro con il legno, in cui la ricerca di silenzio e di essenzialità si concretizza in espressivi interventi di scarnificazione della materia. E’ il periodo della prima personale ticinese (“Coscienza e limite”, 1987, Galleria Cà dal Portic, Locarno) a cui farà seguito la proficua ricerca che darà vita alle « sculture pittoriche » che oggi lo caratterizzano. Opere in cui, scavalcato il limite del vincolo figurativo, “l'oggetto estetico va oltre la propria, stessa bellezza formale per proporsi anche come strumento di allineamento interiore” (Martino Beltrani, “Natura e realtà primordiale”, 1999).

 

Esposizioni :
1987 Galleria Cà dal Portic, Locarno
1990 Galleria Cà dal Portic, Locarno
1992 Biblioteca Cantonale, Palazzo Morettini, Locarno
1993 Spazio XXI Bellinzona
1999 Casa Cavallier Pellanda, Biasca
     
2001 Installazione Pangea, Monte Verità, Ascona
                        
2002 Galleria La Casa, Vaglio
2003 Galleria Amman, Locarno
2005 Oratorio San Rocco, Losone
   
2006 Dazio Grande, Rodi Fiesso
 
2007 Galleria Officinarte, Magliaso
 
Opere grafiche:

Percezioni in divenire, cartella di 4 grafiche, « La stampa per i torchi de l’Impressione », Locarno, febbraio 2002

Strutture racchiuse, cartella di 4 grafiche, « La stampa per i torchi de l’Impressione », Locarno, ottobre 2002

Essere, cartella grafica e poesia, « La stampa per i torchi de l’Impressione », Locarno, dicembre 2003

Mutamento; cartella di grafica e poesia, « La stampa per i torchi de l’Impressione », Locarno, dicembre 2004

Opere di Biagio Altomare si trovano in diverse collezioni pubbliche e private, fra le quali :

Ragim Fiduciaria, collezione Lugano 1990

Credit Suisse, collezione Bellinzona 1994 e 1999

Credit Suisse, collezione Chiasso 1996

Assimedia Assicurazioni, collezione Locarno 1997

Comune di Biasca, collezione « Casa Cavalier Pellanda » 1999

Bibliografia

Federica Branca Masa, Coscienza e limite, presentazione mostra alla Galleria Ca’ dal Portic, Locarno, marzo 1987

Federica Branca Masa, La stratificazione, presentazione mostra Galleria Ca’ dal Portic, Locarno, maggio 1990

Claudio Guarda, Sculture pittoriche, in Eco di Locarno, Locarno, 16/18 giugno 1990

Nani Razetti, Strutture pittoriche, in Libera Stampa, Lugano, 18 giugno 1990

Luigi Cavadini, Dentro lo spazio, in catalogo mostra Galleria Spazio XXI, Bellinzona, marzo 1993

Ivo Monighetti, Un rugoso silenzio, in catalogo mostra Casa Cavalier Pellanda, Biasca, ottobre 1999

Martino Beltrani, Natura e realtà primordiale, in Giornale del Popolo, 7 dicembre 1999

Graziano Terrani, Programma Il Quotidiano, RSI, Lugano, dicembre 1999

Martino Beltrani, Spazio pensiero, presentazione mostra Galleria La Casa, Vaglio, febbraio 2002

Natura e realtà primordiale   di Martino Beltrani
Quando si dice che l'opera d'arte è per sua essenza "polisemica", si intende dire che la percezione estetica dell'oggetto consente a quest'ultimo di squadernare tutte le sue potenzialità latenti. Questo vale più che mai per le «sculture pittoriche» di Biagio Altomare. Opere che, scavalcando il limite del vincolo figurativo, si propongono come idoli enigmatici, allusivi come i totem, le maschere sacre, le pitture rupestri delle culture «selvagge»: quasi palpebre socchiuse su dimensioni sconosciute, manufatti «ancestrali» aperti al gioco infinito delle letture, delle libere decostruzioni interpretative, delle proiezioni e delle interrogazioni soggettive. Ciò che in questi lavori sembra reclamare un'attenzione prioritaria è un palese richiamo alla realtà primordiale degli elementi della natura: la matericità oscura e scabrosa della terra (sovranamente resa nel bruno Van Dick), la levità dell'aria, la fluida profondità dell'acqua, la potenza rigeneratrice del fuoco sembrano costituire I'alfabeto di base di un lavoro alchemico che continuamente li depura e li coagula, li ricombina e li distilla, li cristallizza e li sublima, quasi a riprodurre le fasi della ricerca spirituale della Pietra Filosofale: l'opera al nero, al bianco, al rosso.

Ma non si tratta di archetipi astratti, bensì dei graffiti di un'esperienza personale nutrita di paesaggi, colori, sensazioni, luminosità particolari. C'è - sicuramente - il richiamo alla rude spiritualità e ai volumi rigorosi dell'arte romanica e alle tinte terrigne delle pitture etrusche, alla immobilità trattenuta delle sculture arcaiche, ma c'è soprattutto l'aura mitica che promana dai monti, dai fiumi, dai dirupi a strapiombo, dai boschi e dalle grotte misteriose della natia Calabria. Ci sono i colori della vallata del «turgido Crati dalla bionda chioma» (Euripide), della spianata di Sibari, degli uliveti mediterranei, gli echi remoti ed atavici delle terre dell'Enotria, dell'Auruncia, dell'Ausonia, ove passarono e si sedimentarono stirpi protoitaliche ed elleniche, latine e puniche, normanne e saracene, bizantine, albanesi. Di questi umori arcaici, biograficamente stratificati - in qualche modo - nei paesaggi dell'anima, è nutrita l'apparente staticità atemporale di queste tavole, e ciò spiega il fascino intenso e meditativo che ne promana.

Una seconda caratteristica è data però dall'aspetto dinamico del lavoro di Altomare. Il suo approccio al mondo naturale mira infatti a tradurre in termini visivi la pura energia vibratoria del sasso o del tronco di volta riarsi o inceneriti dal fuoco, levigati dal vento e dall'acqua, mediante un' azione che I'artista rievoca e rivive nel movimento muscolare delle mani nude o munite di spatola piuttosto che di pennello.

Due parole chiave che possono rendere ragione dell'esperienza artistica di Biagio Altomare sono quindi gestualità ed evocazione.

Gestualità significa una trasmissione diretta, dalla mano allo spazio rappresentativo, dei ritmi del corpo, delle energie fisiche sottili che danzano nel sistema nervoso dell' artista. La tela, la tavola, il foglio diventano così un campo di forza che dà forma all'azione e custodisce il respiro interiore che la anima. Siamo però lontani dall'immediatezza istintiva che troviamo, ad esempio, nel vitalismo espressionistico di un Jackson Pollock. Qui si tratta invece di un artigianato sapiente alimentato da una professionalità coltivata e da un gusto consapevole e maturo. L'evocazione riguarda invece non la memoria fotografica, ma una presa di contatto con l'energia dei luoghi e delle forme. Si tratta di una sensibilità che ha a che fare con l'antica arte taoista del Feng Shui, una pratica spirituale dell'antica tradizione cinese che consiste nel coltivare la capacità di entrare in un' onda di sintonia sottile con le forze della natura e dell'ambiente. Arriviamo così ad una terza e decisiva parola chiave che ci consente di entrare nel mondo artistico di Biagio Altomare: l'apertura al Sacro. Ciò significa che l'oggetto estetico va oltre la propria, stessa bellezza formale per proporsi anche come strumento di allineamento interiore o come canale di uno stupore cosmico. È in questo senso che si parlava, ad apertura di articolo, di totem, di maschere sacre, di pitture rupestri: uno sguardo attonito verso la dimensione segreta che si nasconde alle spalle delle forme familiari della realtà visibile. Una dimensione dove la materia si ancora ad un vuoto animato da energie sotterranee. È qui, probabilmente, il segreto dei corrugamenti inquietanti, delle vertiginose verticalità, degli equilibri miracolosi attraverso cui sembra di sentire spirare un richiamo al silenzio.

Martino Beltrani
 



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Biagio Altomare


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updated 31.01.23