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Alexej von Jawlensky
Eigenkarikatur, im Profil, mit Hut
Autocaricatura, di profilo, con cappello
1920-21
Inchiostro su carta vergata
Tinte auf liniiertem Papier
15.6 x 11 cm
Norton Simon Museum,
The Blue Four Galka Scheyer Collection

Cenni biografici
Jawlensky nasce nel 1864 a Torschok (Russia). Nel 1896 si stabilisce a Monaco di Baviera per studiare da Anton Ažbe. A Monaco conosce Kandinskij. Nel 1909 è tra i fondatori della “Neue Künstlervereinigung München” (Nuova Associazione degli artisti di Monaco). Allo scoppio della guerra trova rifugio in Svizzera. Vive a St.Prex (Lago Lemano), Zurigo e Ascona. Nel 1921 si trasferisce a Wiesbaden dove muore nel 1941.

Biographische Angaben
Jawlensky wurde 1864 in Torschok (Russland) geboren. Geht 1896 nach München und studiert bei Anton Ažbe. Hier lernt er Kandinsky kennen. Gehört 1909 zu den Gründungsmitgliedern der “Neuen Künstlervereinigung München”. Bei Kriegsausbruch emigriert er in die Schweiz, lebt in St.Prex (am Genfersee), in Zürich und Ascona.
1921 zieht er nach Wiesbaden, wo er 1941 stirbt.

Notice biographique
Alexej von Jawlensky est né en 1864 à Torschok, en Russie. En 1896 il s’établit à Munich comme élève d’Anton Ažbe; c'est là qu'il fera la connaissance de Kandinsky. En 1909 il compte parmi les fondateurs de la “Neue Künstlervereinigung München”, la Nouvelle association des artistes de Munich. Il se réfugie en Suisse lorsque la guerre éclate. Il habitera alors sur le lac Léman, plus précisément à Saint-Prex, ainsi qu’à Zurich et à Ascona. En 1921 il s’installe à Wiesbaden où il décèdera en 1941.



Alexej von Jawlensky – Il valore della linea
Alexej von Jawlensky disegnatore in dialogo con Matisse, Hodler e Lehmbruck

Alexej von Jawlensky - Aus der Linie geboren
Der Zeichner Alexej von Jawlensky im Dialog mit Matisse, Hodler und Lehmbruck


Introduzione
“Il mio mondo è il colore” dichiara Alexej von Jawlensky (1864-1941). Se il suo talento pittorico è stato oggetto di diverse grandi esposizioni – tra cui la mostra antologica alla Pinacoteca Comunale di Locarno nel 1989 – la sua poliedrica produzione di disegni resta ancora da scoprire. Questa prima mostra in Svizzera interamente dedicata ai disegni di Jawlensky pone in luce aspetti poco conosciuti della sua ricerca artistica, che consentono nuovi sguardi sul suo operato. Dopo una formazione all’Accademia di San Pietroburgo, dove il disegno occupava un ruolo centrale, Jawlensky ha approfondito per proprio conto questo mezzo espressivo, sperimentando varie tecniche, quali il carboncino, la penna, il gessetto e soprattutto la matita. Il 1912 segna una svolta decisiva nella sua produzione di disegni. Realizza i nudi, le cui innumerevoli variazioni attraverso la declinazione dei volumi e delle proporzioni del corpo femminile pongono le basi dell’approccio seriale, che diverrà in seguito il principio operativo fondamentale. Nei suggestivi studi di danza di grande formato dell’amico ballerino Alexander Sacharoff, Jawlensky immobilizza innumerevoli pose e figure di danza in istanti di movimento sospeso. Nei disegni, il pittore del “volto astratto” sa cogliere con peculiare accuratezza i lineamenti del modello, rivelandosi un attento e puntuale osservatore dei suoi soggetti, quasi sempre persone a lui vicine. Il confronto con alcuni disegni di Henri Matisse, Ferdinand Hodler e Wilhelm Lehmbruck, che Jawlensky conosceva e verso i quali nutriva
grande stima, rivela interessanti punti di contatto. Jawlensky ha realizzato anche un esiguo numero di opere grafiche, che si distinguono per la loro spiccata qualità. Se le tradizionali tecniche di stampa, quali la silografia, lo lasciavano ampiamente insoddisfatto, poiché compromettevano la sua esigenza di trasposizione immediata della sensibilità, nella litografia trovò un modo espressivo più congeniale, che gli consentiva di disegnare in altro modo. La linea riveste un ruolo primario anche nella ricerca pittorica di Jawlensky, sia come contorno nei dipinti fortemente espressivi degli anni dieci, sia come struttura lineare o segno di colore nei Volti del Salvatore e nelle Teste astratte. Le Meditazioni sono basate esclusivamente sull’articolazione di larghi tratti di colore. L’esposizione Alexej von Jawlensky - Il valore della linea vuole orchestrare tutti questi aspetti del disegno in tono cameristico, attraverso uno sguardo d’insieme a carattere intimista. Tra le varie opere, provenienti da rinomati musei internazionali e illustri collezioni private, sono soprattutto i nudi e gli autoritratti caricaturali a suggerire considerazioni inedite sulla ricerca artistica di Jawlensky, testimoniando del suo raffinato e sensuale potenziale espressivo, oltre che del suo sottile e audace umorismo.

I primi disegni
Jawlensky ha disegnato durante tutta la vita: la sua prima e la sua ultima opera sono dei disegni. La sua formazione all’Accademia di San Pietroburgo è basata principalmente sulla padronanza delle tecniche del disegno. Anche quale allievo di Ilja Repin, allora l’artista più richiesto in Russia, Jawlensky disegna con assiduità. Negli anni 1880-90 realizza una serie di ritratti caratteristici di grande formato – oggi dispersi – di anziani e contadini russi. A Monaco, dove frequenta la rinomata scuola di pittura dello sloveno Anton Ažbe (1896-1899) e conosce Kandinsky, si esercita nel disegno con una serie di lavori a carattere di studio – anch’essi andati in gran parte perduti – che annunciano il suo marcato interesse per la raffigurazione del volto umano e rendono manifesta la sua volontà di cogliere il viso del modello in maniera il più possibile plastica e precisa. La sfumatura dei bianchi e dei neri conferisce ai disegni una qualità spiccatamente pittorica, come rivela anche il confronto con i ritratti di Matisse e Lehmbruck, che sviluppano i loro disegni dalla linea. Se Matisse traduce i suoi volti in termini bidimensionali e li riduce alla loro essenzialità valendosi di un tratto netto e conciso, Lehmbruck ragiona da scultore e parte dal volume. Nei suoi disegni, la figura e lo sfondo non si distinguono chiaramente, bensì restano aperti l’uno all’altro.

I nudi
Nel 1912 la produzione di disegni conosce uno sviluppo esplosivo. Jawlensky è attivo con successo a Monaco e, accanto ai suggestivi dipinti di teste fortemente espressive, realizza anche grandi disegni di nudi sperimentando varie tecniche, quali la matita, la penna, il gesso e il carboncino. Pur lavorando con modelle, astrae dall’individualità del soggetto e schematizza il corpo e il volto. Con tratti decisi rende il volume dei corpi vigorosi raffigurati a riposo, seduti o distesi. Per mezzo di vibranti tratteggi evidenzia l’andamento del corpo femminile come gioco di volumi e proporzioni e conferisce al corpo una densità pittorica, animandolo con un movimento interiore e mettendolo in tensione con lo spazio esterno. Il cospicuo numero di nudi degli anni 1912-13, che accostati uno all’altro generano una visione quasi cinematografica, rivela come Jawlensky avesse posto già allora le basi dell’approccio seriale, che più tardi diventa il suo principale modo operativo. Il confronto con i nudi di Henri Matisse (1869-1954), Ferdinand Hodler (1853- 1918) e Wilhelm Lehmbruck (1881-1919) rivela interessanti punti di contatto, ma anche sostanziali differenze. Se Matisse, pur esprimendosi attraverso un linguaggio stilizzato, rende giustizia all’individualità del modello, i nudi di Hodler, animati da un ritmo interiore, si presentano anzitutto come immagini ideali, piuttosto che come raffigurazioni di corpi reali. Le figure femminili appena abbozzate di Lehmbruck si sottraggono invece completamente al nostro sguardo, come se avessero depositato la loro fisicità corporea sulla superficie del foglio, per rendersi evanescenti.

Danza
Nel 1912 Jawlensky realizza anche un ciclo di disegni di grande formato, articolato in più parti, dedicato all’amico ballerino Alexander Sacharoff, colto in varie pose che di volta in volta fissano le figure di danza in istanti di immobilità. Data l’estrema fragilità di questi fogli, la serie è rappresentata in mostra soltanto da due esempi. Il tema della danza come stimolo per la formulazione di nuove soluzioni sinestetiche è indagato nello stesso periodo anche da altri artisti, con esiti diversi, come attestano i disegni e le opere grafiche di Hodler e Matisse. Le figure di Hodler, elaborate principalmente come studi per l’opera incompiuta Fioritura e il dipinto murale Sguardo verso l’infinito, esprimono il desiderio di conciliare il movimento del corpo umano con i ritmi della natura. Matisse riserva un ruolo altrettanto importante alla danza: nel noto dipinto La Danse (1909-10) sviluppa il tema come manifestazione di forze istintive, mentre nel ciclo litografico delle Dix Danseuses (1926) – presente in mostra – raffigura le ballerine in atteggiamento di riposo e attesa. Come meravigliosi fiori, le ballerine e il loro tutù si fondono in un tutt’uno e nonostante la staticità delle loro pose sottintendono la potenzialità dei movimenti di danza.

Caricature e schizzi
Chi considera Jawlensky unicamente un artista introverso e concentrato su questioni spirituali si sbaglia. Egli era capace anche di ben altri registri, perlomeno nel confronto con la propria immagine: quale caricaturista di se stesso, in alcuni disegni di piccolo formato si beffa tanto del suo m
arcato cranio calvo quanto del suo corpo voluminoso. Jawlensky portava sempre con sé piccoli album da disegno, in cui abbozzava con pochi tratti concisi una formulazione preliminare delle sue idee. Di spirito particolarmente comunicativo, Jawlensky è stato per tutta la vita anche un assiduo autore di lettere e amava farsi ricordare da amici e conoscenti tramite cartoline recanti un breve saluto. Spesso corredava queste sue comunicazioni di fantasiose immagini, volti stilizzati o fiori arabescati. Le melodie che risuonano in questa sala non sono da intendere come piacevole sfondo sonoro, bensì come impressioni della musica che Jawlensky aveva particolarmente a cuore. I brani di Bach, Beethoven, Schubert e Chopin provengono dalla sua stessa collezione discografica. Le composizioni di Schönberg, Debussy e Busoni vogliono evocare sul piano acustico il clima dell’epoca. Jawlensky considerava la sua attività artistica intimamente correlata alla musica, come attesta tra l’altro la sua definizione delle Variazioni come “canzoni senza parole”.

Ritratti e volti
Rispetto agli sviluppi maturati nella ricerca pittorica in cui, attraverso la stilizzazione del volto in un segno astratto, Jawlensky giunge alla formulazione di un’icona moderna, nei disegni rimane solidamente ancorato alla realtà. Nei piccoli ritratti quasi miniaturizzati di soggetti femminili a lui vicini, quali la compagna Marianne von Werefkin, la moglie Helene Nesnakomoff, l’amica e sostenitrice Emmy Scheyer, l’a
ssistente Lisa Kümmel e la collezionista Tony Kirchhoff, Jawlensky si mostra attento a cogliere ogni tratto del modello e a lasciare trasparire con sensibilità lo stato d’animo attraverso l’aspetto esteriore. Anche in questo caso si palesano punti di intersezione con Matisse e Lehmbruck. Entrambi riducono il modello a un ritratto conciso ed essenziale, mantenendo una certa riservatezza e manifestando, al contempo, un’interessata partecipazione. In un’epoca in cui altri artisti – quali gli espressionisti e i cubisti – sottoponevano il volto umano a vere e proprie torture, dissolvendolo, ferendolo e distorcendolo, Jawlensky, Matisse, Hodler e Lehmbruck lo riproducono in tutta la sua integrità.

Il volto astratto
La linea svolge un ruolo centrale non solo nei disegni, ma anche nei dipinti di Jawlensky, sia come elemento strutturale o disegno preparatorio, sia come inquadratura dello spazio della rappresentazione. La linea di contorno svolge un ruolo decisivo fin dalle importanti opere degli anni dieci, quali Turbante blu scuro (Helene con turbante blu scuro) (1910) e La gobba (1911). La formulazione
simbolica delle Teste mistiche (1917-19), dei Volti del Salvatore (1917-22) e delle Teste astratte (1918-33) si fonda prevalentemente sullo schema di base della croce. Nelle Meditazioni (1934-37), in cui il volto divino è evocato per mezzo di larghi tratti di colore intersecati in orizzontale e in verticale, la pittura si fa disegno realizzato con il colore. Le sei teste litografiche, edite nel 1922 in forma di cartella dal rinomato Nassauischer Kunstverein di Wiesbaden, costituiscono la principale eredità grafica lasciata da Jawlensky. I volti sommari, ridotti ai lineamenti essenziali, non solo propongono un’intera gamma di espressioni mimiche e moti dell’animo, ma attraverso la loro affinità con l’icona veicolano anche contenuti profondamente spirituali.

Gli ultimi anni
Con le “Meditazioni”, Jawlensky inaugura nel 1934 la sua ultima serie di dipinti. Poiché la malattia da cui è afflitto, l’artrite deformante, è già ad uno stadio avanzato, egli riesce a lavorare solo a prezzo di grandi sofferenze. Muove il pennello con entrambe le mani contemporaneamente in orizzontale e in verticale su tele di piccolo formato, generando il volto a partire dalla forma della croce. In questo ca
so linea e pittura coincidono. Più tardi, quando è costretto definitivamente a letto, disegna il suo ultimo autoritratto. Egli si osserva nello specchio per radersi, focalizzando il suo sguardo sul suo volto e sul suo occhio, l’unico organo che lo collega alla realtà della vita, che viene isolato come se fosse ormai indipendente. La tematica della morte compare anche nel vocabolario dei motivi di Lehmbruck, che nell’allusione a Cleopatra e al suo suicidio anticipa le riflessioni che lo porteranno a togliersi la vita. Anche Hodler ritrae sé stesso in disegni e dipinti nella sua ultima fase di vita. Con gli occhi aperti guarda in faccia la morte, con uno sguardo sconcertato e stupito.




Alexej von Jawlensky - Aus der Linie geboren

Der Zeichner Alexej von Jawlensky im Dialog mit Matisse, Hodler und Lehmbruck

Einführung
“Meine Welt ist die Farbe“ gibt Alexej von Jawlensky (1864-1941) zu verstehen. Seine Meisterschaft als Maler hat er in den verschiedensten Großen Ausstellungen – so auch 1989 auch in der Pinacoteca Comunale in Locarno – unter Beweis gestellt. Bisher kaum bekannt aber ist sein vielseitiges zeichnerisches Werk, das einen neuen Blick auf sein Schaffen erlaubt. Erstmals stellt eine Ausstellung in der Schweiz den Zeichner Alexej von Jawlensky ins Zentrum. Nach einer Ausbildung an der Akademie von Petersburg, wo die Zeichnu
ng eine zentrale Rolle spielte, hat er das Medium für sich in den unterschiedlichsten Techniken wie Kohle, Feder, Kreide und vor allem Bleistift weiter entwickelt. Das Jahr 1912 zeitigt eine erstaunliche zeichnerische Entfaltung. Nun entstehen die in vielen Blättern variierten Aktdarstellungen. Er dekliniert recht eigentlich die Volumen und Proportionen des weiblichen Körpers und legt schon hier den Grundstein für sein serielles Verfahren, das er etwas später zum gestalterischen Prinzip erhebt. In den eindrücklichen, großformatigen Tanzstudien von seinem Freund, dem Tänzer Alexander Sacharoff, hält er Posen als im Augenblick gefrorene Bewegungsmomente fest. Jawlensky, der Maler des ‚abstrakten Gesichts‘ erweist sich in seinen Zeichnungen als aufmerksamer, genauer Beobachter ihm nahe stehender Menschen, der die Züge seines Modells charakteristisch erfasst. In der Gegenüberstellung mit Zeichenblättern von Künstlern wie Henri Matisse, Ferdinand Hodler und Wilhelm Lehmbruck, die er kannte und besonders schätzte, ergeben sich spannende Berührungspunkte. Jawlensky hat auch ein kleines, aber exquisites druckgraphisches Werk hinterlassen. Während ihm die traditionellen drucktechnischen Verfahren wie Holzschnitt und Radierung nicht zusagten – sie widersprachen seinem Verlangen, sich möglichst direkt mitzuteilen – fand er in der Technik der Lithographie eine ihm entsprechende Ausdrucksart, sie ermöglichte ihm gleichsam eine andere Art zu zeichnen. In Jawlenskys Malerei spielt die Linie ebenfalls eine primäre Rolle: als Kontur in den stark expressiv aufgeladenen Werken der Zehnerjahre, als Liniengerüst oder als farbiger Strich in den bekannten Gesichtsserien der Heilandsgesichte oder der Abstrakten Köpfe. Die Meditationen sind recht eigentlich aus farbigen breiten Strichen geschaffen. Die Ausstellung “Alexej von Jawlensky – aus der Linie geboren“ will in einer kammermusikalisch instrumentierten Übersicht all diese Facetten zusammenführen. Sie vereinigt Werke aus international bekannten Museen und aus angesehenen Privatsammlungen. Insbesondere die Aktdarstellungen oder die karikaturistischen Selbstporträts weiten den Blick auf Jawlensky, sie belegen sein subtil sinnliches Ausdruckspotential oder seinen ungebrochenen feinen Humor.

Frühe Zeichnungen
Jawlensky hat immer gezeichnet, seine erste und seine letzte Arbeit waren Zeichnungen. Seine Ausbildung an der Akademie in Petersburg beruht recht eigentlich auf der Beherrschung des zeichnerischen Techniken. Auch als Meisterschüler von Ilja Repin, dem damals gefragtesten
Künstler in Russland, hat Jawlensky viel gezeichnet. Aus der Zeit in München, wo Jawlensky von 1896-1899 die international bekannte Malschule des Slowenen Anton Ažbe besucht und hier auch Kandinsky kennen lernt, sind nur wenige Blätter erhalten. Diese Arbeiten mit noch ausgesprochenem Studiencharakter machen aber schon sein zentrales Interesse am menschlichen Gesicht bewusst. Sie verdeutlichen seinen Willen, das Gesicht des anderen möglichst plastisch und präzise zu fassen. Der nuancierte Einsatz der Schwarzweisspartien verleiht den Blättern einen stark malerische Qualität. Diese besondere Prägung wird in der Gegenüberstellung mit einigen Porträtzeichnungen von Matisse und Lehmbruck besonders deutlich. Diese beiden generieren ihre Zeichnungen aus der Linie. Während Matisse mit klarem, reduziertem Linienduktus die Gesichter auf ihre Essenz reduziert und ins Zweidimensionale übersetzt, denkt Lehmbruck als Plastiker von den Volumen her. Seine Linien grenzen Figur und Grund nicht dezidiert voneinander ab, sondern öffnen sie füreinander.

Aktdarstellungen
Das Jahr 1912 zeitigt eine geradezu explosive zeichnerische Entfaltung. Inzwischen arbeitet Jawlensky als angesehener Künstler in München. Neben seinen eindrücklichen expressiven Köpfen entstehen nun auch großformatige Aktzeichnungen in den verschiedensten Techniken wie Bleistift, Tinte, Kreide und Kohle. Obwohl er Modelle in sein Atelier bestellt, scheint für ihn deren Individualität unwichtig. Er schematisiert Körper und Gesicht. Mit sicherem Strich erfasst er die Körper und dekliniert sie in ruhender, sitzender und liegender Pose. Oft markiert er den Linienverlauf des weiblichen Körpers durch bewegte Schraffuren als ein Spiel von Volumen und Proportionen. Diese verleihen dem Körper eine malerische Dichte, sie erfüllen ihn mit einer inneren Bewegung und verbinden ihn spannungsvoll mit dem Aussenraum. Die große Anzahl der in den Jahren 1912 und 1913 entstandenen Aktdarstellungen, die aneinandergereiht eine fast filmische Abfolge ergeben, macht bewusst, dass Jawlensky schon damals den Grundstein zum seriellen Arbeiten gelegt hat. Die Gegenüberstellung mit Akten von Jawlensky nahe stehenden Künstlern wie Henri Matisse (1869-1954), Ferdinand Hodler (1853-1918) und Wilhelm Lehmbruck (1881-1919) zeigen Berührungspunkte genauso wie Unterschiede. Während Matisse auch in der Kürzelform seiner Zeichnungen der sinnlichen Individualität des Modells gerecht wird, wirken die von einem inneren Rhythmus getragenen Akte von Hodler nicht wie tatsächliche Frauen, sondern eher wie Bild gewordene Ideen. Die nur hingehauchten weiblichen Gestalten von Lehmbruck scheinen sich unserem Blick ganz entziehen zu wollen und sich im Blatt zu verflüchtigen, ihre Körperlichkeit abzustreifen.

Tanz
Im Jahr 1912 ist auch ein mehrteiliger Zyklus mit großformatigen Zeichnungen vom Ausdruckstänzer Alexander Sacharoff, einem nahen Freund Jawlenskys, entstanden. Er zeigt ihn in immer wieder anderen eindringlichen Posen, in denen ein Bewegungsablauf gleichsam zum Augenblick erstarrt. Da die Blätter enorm fragil sind, können in der Ausstellung vom Sacharoff-Zyklus nur deren zwei gezeigt werden. Der Tanz liegt damals als Thema, das die Künstlerschaft beschäftigt und zu neuen, synästhetischen Lösungen anregt, in der Luft. Wie unterschiedlich diese sein können, führen Zeichenblätter und graphische Arbeiten von Hodler und Matisse vor Augen. In Hodlers Figuren, die vornehmlich als Studien zum unvollendet gebliebenen Wandgemälde Floraison und zum Wandgemälde Blick in die Unendlichkeit entstanden sind, zeigt sich die Intention des Künstlers, die Bewegung des menschlichen Körpers mit den Rhythmen der Natur in Einklang zu bringen. Auch für Matisse spielt das Thema des Tanzes eine bestimmende Rolle. Im bekannten Bild La Danse (1909/1910) fasst er ihn als Ausdruck entfesselter Kräfte auf. Ganz anders im ausgestellten Lithographie-Zyklus der Dix Danseuses (1926), er stellt die Balletteusen in abwartender Ruhestellung vor. Wie wunderbare Blumen verschmelzen sie mit ihrem Tutu zur Einheit, sie scheinen selbst in ihrer statischen Haltung von der Möglichkeit zur tänzerischen Bewegung erfüllt.

Karikaturen und Skizzen
Wer meint, in Jawlensky nur einem ernsten, an spirituellen Fragen interessierten Künstler zu begegnen, täuscht sich. Zumindest in der Auseinandersetzung mit sich selbst, konnte er auch andere Töne anschlagen und sich zum Karikaturisten seiner selbst machen. In einigen kleinformatigen Zeichnungen mokiert er sich genauso über seinen markanten, kahlen Schädel wie über seinen voluminösen Körper. Jawlensky hatte immer kleine Skizzenblöcke (sogenannte Carnets) bei sich. In knappen Umrissen nehmen hier seine Ideen erste Gestalt an. Besonders kommunikativ veranlagt, hat Jawlensky auch zeitlebens eindringliche Briefe verfasst und liebte es, sich mit knappen Kartengrüssen in Erinnerung zu rufen. Gerne versah er seine schriftlichen Mitteilungen mit zauberhaften Bildsigneten, mit kürzelhaften Gesichtern oder rankenden Blumen. Die in diesem Raum ertönenden Klänge sind nicht einfach als angenehmer Background-Sound zu verstehen, sie vermitteln vielmehr einen Eindruck von jener Musik, die für Jawlensky besonders wichtig war. Stücke von Bach, Beethoven, Schubert und Chopin stammen aus seiner eigenen Plattensammlung. Kompositionen von Schönberg, Debussy und Busoni evozieren auf der akustischen Ebene das zeitliche Klima von Jawlensky, eines Künstlers, der sein bildnerisches Schaffen immer in unmittelbarer Nähe zur Musik sah und seine Serie der Variationen gar “Lieder ohne Worte“ nannte.

Porträts und Gesichter
Während er in der Malerei das Gesicht zum abstrakten Zeichen stilisiert und eine moderne Ikone formuliert, bleibt er als Zeichner der Realität verhaftet. In den oft fast miniaturartig kleinen Porträts ihm nahe stehender weiblicher Personen wie seiner Partnerin Marianne von Werefkin, seiner Frau Helene Nesnakomoff, seiner Förderin Emmy Scheyer, seiner Assistentin Lisa Kümmel und seiner Sammlerin Tony Kirchhoff, erweist er sich als einer, der jeden Zug seines Gegenübers aufnehmen will und sensibel in der äußeren Erscheinung die seelische Verfassung andeutet. Wieder ergeben sich Schnittstellen mit Matisse und Lehmbruck, die ihr Gegenüber zurückhaltend und doch mit anteilnehmendem Interesse auf eine knappe Porträtform reduzieren. In dieser Zeit, da das Menschenbild bei anderen Künstlern wie etwa den Expressionisten und Kubisten recht eigentlichen Torturen ausgesetzt wird, aufgelöst, verletzt und verzerrt erscheint, bleibt es bei Jawlensky, Matisse, Hodler und Lehmbruck in seiner Ganzheit unversehrt.

Das abstrakte Gesicht
Nicht nur in der Zeichnung aber erscheint die Linie als das tragende Element Auch für den Maler ist sie von großer Bedeutung, sei es als skizzenhafte Vorzeichnung oder als fensterartige Umrahmung des Bildgevierts. Der klar gliedernde. Kontur spielt schon in seinen wichtigen Arbeiten der Zehnerjahre wie Dunkelblauer Turban (Helene mit dunkelblauem Turban) (1910) und Der Buckel (1911) eine bestimmende Rolle. Die zeichenhafte Formulierung seiner Mystischen Köpfe (1917-1919), seiner Heilandsgesichte (1917-1922) und Abstrakten Köpfe (1918-1933) beruht auf der linearen Grundstruktur des Kreuzes. In den Meditationen (1934-1937), seinen letzten künstlerischen Äußerungen, generiert er das gottähnliche Gesicht aus breiten farbigen Strichen, die sich in der Horizontalen und Vertikalen überschneiden. Seine Bilder lassen sich nun als ein Zeichnen mit Farbe verstehen. Mit den sechs lithographierten Köpfen, die 1922 als Kunstmappe im renommierten Nassauischen Kunstverein ediert wurden, hat Jawlensky sein eigentliches druckgraphisches Vermächtnis hinterlassen. Die knapp gefassten Gesichter durchlaufen ein ganzes Ausdrucksspektrum an menschlich mimischen Regungen, gleichzeitig sind sie in ihrer ikonenartigen Formelhaftigkeit auch als Träger tief spiritueller Inhalte aufzufassen.

Die letzten Jahre
Mit den “Meditationen” eröffnet Jawlensky im Jahr 1934 seine letzte Bildserie. Da seine Krankheit, die Arthritis deformans, schon weit fortgeschritten ist, arbeitet er nur noch unter grossen Schmerzen. Er führt den Pinsel mit beiden Händen gleichzeitig in der Horizontalen und Vertikalen über den kleinformatigen Bildträger und generiert das Gesicht aus der Form des Kreuzes. Linie und Malerei fallen hier zusammen. Etwas später – inzwischen ist er ans Bett gefesselt – zeichnet er seine letzten Selbstporträts. Er betrachtet sich im Rasierspiegel und fokussiert seinen Blick auf sein Gesicht und das sich verselbständigende Auge, sein einziges Verbindungsorgan zur Lebensrealität. Auch Lehmbrucks Zeichnungen nehmen in ihrem Motivvokabular die Todesthematik auf. In der Anspielung auf Kleopatra und deren Selbsttötung nimmt er die Gedanken an den eigenen Selbstmord vorweg. Hodler zeichnet und malt sich ebenfalls in der letzten Lebensphase. Mit offenen Augen schaut er dem Tod entgegen, genauso fassungslos wie erstaunt.


Presenta l'esposizione al

Museo Cantonale d'Arte
Lugano


Alexej von Jawlensky
1864 - 1941

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Biographische Angaben
Notice biographique
 

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via Canova 10
6900 Lugano
Switzerland
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updated 31.01.23



 

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